Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, ha approvato il disegno di legge di riforma dei contratti della ricerca. Il testo prevede si amplino gli strumenti a disposizione delle università, degli enti pubblici di ricerca e delle istituzioni Afam per inquadrare professionalmente le diverse figure all’interno del sistema della ricerca con un meccanismo di tutele crescenti e tipologie diverse di contrattisti e forme di collaborazione da parte di studenti durante il corso di laurea o di laurea magistrale per un massimo di 200 ore l’anno. Gli studenti e le studentesse potranno fornire assistenza all’attività di ricerca in aggiunta alla collaborazione ai servizi universitari. Il compenso può arrivare a 3.500 euro/anno.
Si introducono poi due tipologie di borse di assistenza all’attività di ricerca: una junior, destinata ai laureati magistrali o a ciclo unico per iniziare percorsi di ricerca sotto la supervisione di un tutor; una senior per i dottori di ricerca che potranno svolgere l’ attività. In entrambi i casi la durata va da un minimo di un anno a un massimo di tre. Il trattamento economico sarà stabilito con un decreto del ministro dell’Università e della Ricerca così come il il contratto cd postdoc che potrà essere sottoscritto dal dottore di ricerca (con possibilità di deroga Epr per aspiranti tecnologi). Potranno essere svolte attività di ricerca, nonché di collaborazione alle attività di didattica e terza missione. Il trattamento economico non sarà inferiore al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo definito (13 mensilità e Tfr). La durata va da un minimo di un anno a un massimo di tre.
Per i contratti di ricerca introdotti nel 2022, per i quali è in corso la contrattazione Aran-sindacati, la situazione rimane la medesima.
Una novità riguarda la figura del professore aggiunto che potrà svolgere nelle università specifiche attività di ricerca didattica, di terza missione, arricchendo, con il proprio contributo, il percorso formativo degli studenti mediante un approccio più pratico e multidisciplinare.
Il ddl è un testo di base perché su questo provvedimento la ministra Bernini è aperta al confronto ed è un percorso che proseguirà, sia in Parlamento, sia con incontri al Ministero. È il caso dunque di approfondire l’obiettivo di come migliorare i rapporti tra sistema della ricerca accademica, da una parte, e mondo delle imprese, dall’altra.
Un più efficace e non episodico collegamento tra queste realtà potrebbe infatti favorire lo sviluppo e la crescita del nostro sistema produttivo e la sua capacità di governare gli impatti dell’innovazione, così come la possibilità di progettare stabili percorsi di inserimento aziendale di ricercatori impegnati a tempo pieno nel settore privato. Una delle principali criticità all’origine di tale scarsa valorizzazione della figura del ricercatore nel settore privato è l’assenza di un quadro giuridico a essa dedicato, capace di esaltarne le particolarità considerando quanto disposto per i ricercatori impegnati nel settore pubblico.
A fronte della crescente importanza del ruolo dei ricercatori nel settore privato, testimoniata anche dal recente rinnovo, a fine 2023, della Carta europea dei ricercatori così come, nel nostro Paese, dagli ingenti investimenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e dedicati a favorire il collegamento tra ricerca e impresa, dunque il tema della valorizzazione del lavoro, e della carriera, di questi ricercatori, è cruciale. Esistono infatti su questo tema autorevoli proposte di ddl avanzate in passato e aggiornate recentemente che, ad esempio, propongono l’introduzione della categoria legale dei quadri, o la valutazione e l’impatto della norma sulla contrattazione collettiva, oppure ancora le esperienze di dottorato industriale così come regolate in altri Paesi europei e non.
È necessario rilanciare nel dibattito pubblico un tema non ancora adeguatamente considerato, eppure così importante per promuovere forme innovative di collaborazione tra sistema dell’alta formazione, aziende, centri di ricerca, il trasferimento tecnologico e la crescita delle attività di ricerca in azienda, e soprattutto offrire le basi per la costruzione di un vero e proprio mercato del lavoro di ricerca nel settore privato.
Il contributo degli stakeholder, dei sindacati e delle associazioni di categoria per una riforma innovativa e sostenibile del Ddl Bernini sarà comunque fondamentale per arricchire il testo.
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