“Un no che non ha valore giuridico, ma che ha la forza di un macigno, con una quota di contrari del 98% che non lascia spazio a ipotesi di conciliazione: il referendum indetto da Cgil, Uil e Usb sul contratto delle funzioni centrali (ministeri e agenzie) siglato il 6 novembre da una maggioranza risicata (54,6%) della rappresentanza sindacale degli statali, ha bocciato l’ipotesi di rinnovo per il 2022-2024”. Così tuona Repubblica commentando l’esito di un referendum sull’ipotesi di rinnovo del contratto degli statali che però “non ha valore giuridico”, perché applicando le regole previste per il pubblico impiego il contratto di cui si parla risulta già approvato il 6 novembre scorso dal 54,6% della rappresentanza sindacale degli statali delle amministrazioni statali e delle agenzie. Che queste siano le regole lo conferma l’Aran, l’agenzia a cui fanno riferimento le amministrazioni datori di lavoro e che negozia con le organizzazioni sindacali secondo le direttive impartite dal governo.
La conferma viene dal Presidente Antonio Naddeo: «Tecnicamente quella indetta da Cgil, Uil e Usb è una consultazione, non è un referendum, e non mi permetto di commentare. L’Aran segue pedissequamente quello che dispone la legge, e le indicazioni del ministro Zangrillo. Quindi, passato l’esame della Corte dei Conti, tra una quindicina di giorni il contratto verrà definitivamente sottoscritto e applicato».
A prova di un processo di avvicinamento – che viene avanti ormai da anni – tra Cgil e Uil e i sindacati di base, il 6 novembre scorso mentre era in corso la polemica sullo sciopero generale del giorno 29 dello stesso mese, i sindacati protagonisti della “rivolta sociale” mandarono un ulteriore segnale di rottura con il Governo rifiutandosi di sottoscrivere l’intesa per il rinnovo del contratto nazionale degli statali (in lista di attesa da tempo). Il motivo del dissenso ha riguardato l’incremento salariale limitato – come hanno scritto le organizzazioni non firmatarie al “misero 5,78% imposto dal Governo”.
La Cisl che è stata la principale protagonista del rinnovo ha sostenuto una posizione diversa mettendo in evidenza che senza il rinnovo l’intera macchina statale sarebbe senza un contratto e un aumento medio di 165 euro al mese, cioè un incremento di stipendio del 6%. Il fronte sindacale non ebbe problemi, durante il rinnovo per il triennio 2016-2018 a firmare un rinnovo contrattuale di 85 euro lordi. La metà di quanto negoziato nel contratto contestato. Inoltre, la Cisl sottolinea, tra le altre cose, l’equilibrio tra vita e lavoro grazie al lavoro agile (e il diritto al buono pasto anche se si opera online), aver portato più trasparenza quando si attribuiscono incarichi, aver valorizzato economicamente le posizioni organizzative. Inoltre è importante – secondo la Cisl – aver ottenuto che ci siano ..5 miliardi messi da parte per il prossimo rinnovo che coprirà il triennio 2025-2027″. Oltre agli aspetti retributivi l’Aran ha illustrato nei suoi comunicati gli altri aspetti del rinnovo nei seguenti punti:
a) interventi volti a agevolare l’attuazione del nuovo sistema di classificazione del personale. Sul punto si segnala, ad esempio, il rafforzamento del sistema di incarichi di posizione organizzativa e professionale, volto a valorizzare le competenze professionali dei lavoratori e allo stesso tempo prevede un riconoscimento stabile a coloro cui per almeno 8 anni sia stato affidato un incarico di posizione organizzativa;
b) miglioramenti nella regolamentazione del lavoro a distanza anche mediante un possibile ampliamento delle giornate svolte in tale modalità per i lavoratori che abbiano particolari esigenze di salute o necessità di assistere familiari disabili;
c) un ulteriore sviluppo degli istituti di partecipazione sindacale, quale segnale della volontà delle parti di mantenere un dialogo costruttivo e collaborativo tra Amministrazioni e organizzazioni sindacali;
d) la possibilità, in via sperimentale e garantendo comunque qualità e livello dei servizi resi all’utenza, di poter articolare l’orario di lavoro di 36 ore settimanali su quattro giorni, previa adesione volontaria da parte dei lavoratori;
e) la rivisitazione di alcuni istituti normo-economici previsti dal precedente Ccnl, che ha portato all’ampliamento delle ore di permesso per espletamento di visite, terapie o prestazioni diagnostiche, ai dipendenti con più di 60 anni di età;
f) la previsione, in linea con gli indirizzi normativi europei e nazionali, di una nuova clausola sull'”Age management”, con l’introduzione di strumenti organizzativi atti a valorizzare i punti di forza delle diverse generazioni presenti nelle amministrazioni, affrontare l’invecchiamento della forza lavoro, gestire il prolungamento della vita lavorativa e promuovere le pari opportunità fra lavoratori di diverse fasce di età.
Cgil Fp, Uil Pa e Usb Pi, le organizzazioni rimaste in minoranza al tavolo delle trattative, hanno promosso una consultazione a cui hanno partecipato circa 40 mila lavoratrici e lavoratori tramite operazioni di voto on line; a cui – fanno notare – si aggiunge la campagna di ascolto e consultazione fatta dai promotori tra gli iscritti e nelle assemblee. In una nota le medesime organizzazioni si lanciano nel decantare il successo della loro iniziativa che sarebbe “un fatto epocale, inedito in un settore del pubblico impiego, che ha consentito a decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici di potersi esprimere liberamente in merito all’ipotesi di Contratto, facendo emergere la consapevolezza generale sull’insufficienza degli stanziamenti contrattuali. Un fatto epocale che ha richiesto un’organizzazione capillare sui luoghi di lavoro e l’allestimento di una piattaforma on-line per garantire il voto, in tempi di record”. Il 98% dei partecipanti alla consultazione avrebbe espresso un voto negativo sull’accordo e quindi l’Aran dovrebbe riaprire il negoziato sul salario.
Che i sindacati “garibaldini” difendano le loro iniziative frutto di una crescente, disperata e procurata impotenza non costituisce un contributo alla verità, ma è comprensibile. È sorprendente invece che un grande quotidiano come La Repubblica commenti, insieme ad altri giornali della stessa parrocchia, la vicenda con il seguente titolo: Referendum Cgil Uil Usb, gli statali bocciano con un no schiacciante (98%) il contratto “separato”. Ormai gli “amici degli amici” di una certa sinistra politica e sindacale sono arrivati a ritenere legittime e corrette solo le iniziative a cui prende parte la Cgil con i suoi satelliti. Quanto al livello di rappresentatività del corpo elettorale, è molto arduo sostenere che si tratti di un “no schiacciante”, soprattutto se gli oppositori giocano la partita in casa. Anzi, c’è da sorprendersi che via sia un 2% di pareri favorevoli.
Tutti devono osservare con rispetto il dissenso, ma 40mila votanti – secondo regole e procedure discutibili – non possono pretendere di rappresentare una categoria. Anzi, i promotori, nel loro interesse, avrebbero fatto migliore figura a non rivelare a tutti che le loro sono posizioni di netta minoranza.
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