Extraprofitti. È diventata la parola taumaturgica nella tempesta del caro energia. L’ha invocata il leader della Lega seguito a ruota da altre forze parlamentari. È riecheggiata nelle dichiarazioni del Ministro Giorgetti assalito da un’onda di imprese nazionali sull’orlo di chiusura per i mostruosi rincari di luce e gas. L’ha prospettata il Governo che in queste ore esamina il pacchetto di dieci misure di contrasto al caro energia comprendente anche ipotesi di un’addizionale per i produttori di energia sulle extra rendite. Queste sono l’effetto del divario fra i costi di generazione bassi per la produzione elettrica da idro (tutta ammortizzata), solare ed eolica (incentivata e senza costi di materia prima) e i prezzi del gas (destinati alle centrali elettriche) schizzati di oltre il 500% in un anno.



Sono le quotazioni del gas a dettare la formazione del prezzo del kwh sui mercati energetici, quello che paga il consumatore finale, utenza domestica e industriale. Questo disaccoppiamento tra i costi marginali nulli e dei prezzi finali alle stelle, che spinge a puntare il dito contro quell’extra-ricavo il quale non fa non fa che allargarsi. Una tendenza tutt’altro che passeggera come indica l’andamento dei prezzi sulle borse dei futures che segna anche per i prossimi 10 anni il prezzo del chilowattora sempre agganciato all’andamento del gas, da cui la prospettiva di un consolidamento di questa un’extra rendita dei produttori.



Enel, chiamato in causa quale primo produttore di energia elettrica, si scagiona dall’accusa di beneficiare dalla “lotteria del gas”, in quanto vende l’elettricità direttamente ai propri clienti sul mercato libero a prezzi fissati due o tre anni prima. Ciò si realizza in quanto l’utility energetica che assicura il 18% della generazione elettrica nazionale, compra per le sue centrali a gas la materia prima con contratti a termine. Un lodevole approccio cautelativo di sterilizzazione del rischio di volatilità del gas soprattutto nel modello attuale di mercato incapace di far interagire senza palesi distorsioni operatori con strutture di costo radicalmente diversi. Una scelta prudenziale che finisce per non penalizzare gli azionisti: nei primi 9 mesi del 2021 i ricavi del gruppo Enel sono cresciuti del 17% e a fine mese è atteso lo stacco dell’acconto sul dividendo in aumento del +9% rispetto all’acconto distribuito un anno fa. Se, come afferma anche l’associazione di categoria, Elettricità Futura, solo una quota minoritaria di elettricità venduta dagli operatori elettrici viene scambiata sul mercato spot, si ridimensiona il vantaggio delle maxi-rendite dovute ai prezzi esosi. La prima settimana di gennaio il prezzo medio dell’elettricità viaggiava intorno ai 200€/MWh.



Il “contributo di solidarietà” a carico delle utility energetiche è poco praticabile in quanto rischia di incorrere nello stesso stop che nel 2015 decretò il fallimento della Robin Tax da parte della Corte Costituzionale.

In un mercato captive governato dai produttori, i consumatori agiscono come price taker, sia in relazione ai prezzi che alla struttura dei contratti. Le grandi aziende energivore denunciano per esempio, l’assenza di accordi PPA, Power Purchase Agreement, contratto di fornitura a lungo termine che negoziano a priori volumi e condizioni come prezzi e penali. Al Governo si chiede come misura straordinaria di sterilizzazione dei rincari e volano allo sviluppo industriale di attività a elevata intensità energetica, degli impegni pluriennali di ritiro di energia a prezzo di costo, al pari di quanto fatto nel primo dopoguerra proprio attraverso i grandi bacini idroelettrici asserviti all’industria. È quello che ha appena deciso di fare la Francia annunciando un obbligo per Edf (Electricité de France, produttore a controllo statale) di cedere una quota ulteriore di produzione nucleare a prezzo calmierato e un differimento degli aumenti delle tariffe elettriche regolate.

Infine, una considerazione. Se i clienti sul mercato libero possono per ora tirare un mezzo sospiro di sollievo in quanto al riparo per alcuni mesi dello tsunami del caro bolletta grazie alle logiche di acquisto a termine seguite da Enel e dai principali operatori energetici, a rimetterci di brutto sono quei 15 milioni di utenze domestiche e microimprese ancora in mercato regolamentato? L’Acquirente Unico, AU, entità pubblica che ha come mandato l’approvvigionamento della fascia di consumatori ancora in Servizio a Maggior Tutela, acquista senza alcun meccanismo di protezione degli eventuali rialzi futuri. Possibile che un soggetto importante come l’AU sia rimasto impigliato nei gangli speculativi della Borsa elettrica? Non avrebbe dovuto essere ancora più cautelativo rispetto agli operatori del libero mercato?

E infine una domanda maliziosa. Chi sono i fornitori dell’AU? Forse quelle stesse utility che rinnegano di intascare maxi profitti?

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