Con i due decreti varati lunedì, il Governo è tornato nuovamente a sostenere imprese e famiglie di fronte ai rincari energetici aggravati dalla guerra in Ucraina e alla crescente inflazione che comincia a pesare anche sul carrello della spesa.
La cifra stanziata, 14 miliardi di euro, è stata superiore alle previsioni della vigilia, ma, come evidenzia Mario Baldassarri, ex viceministro all’Economia e Presidente del Centro Studi EconomiaReale, «siamo davanti a un altro piccolo decreto, dopo quelli dei mesi scorsi, rispetto alla situazione che dobbiamo fronteggiare.
Basta ricordare che, stando alle dichiarazioni precedenti il conflitto in Ucraina dei ministri Franco e Cingolani, i rincari di bollette e carburanti da soli aggravano i costi di famiglie e imprese per 35 miliardi a trimestre. Se questo è il quadro si capisce bene che le cifre messe in campo sono insufficienti».
Nel merito degli interventi varati cosa pensa?
La proroga fino a luglio dell’intervento relativo a accise e imposte sui carburanti è un “atto dovuto”: si sapeva che non sarebbe bastato uno sconto alla pompa per poco più di un mese. Per quanto riguarda il bonus da 200 euro per i redditi fino a 35.000 euro annui, si tratta di poco più di 50 centesimi al giorno, meno di quanto può ricavare un mendicante davanti a una chiesa o a un supermercato.
Dunque, la strada maestra per affrontare la situazione resta l’intervento da 50 miliardi di cui ci ha parlato la settimana scorsa?
Assolutamente. Quel tipo di intervento, con la sua entità, potrebbe essere efficace di fronte alla situazione che dobbiamo affrontare. Solo che per fare questa operazione seria, forte e lungimirante occorre procedere a una ristrutturazione della spesa pubblica, con il rischio di toccare interessi di consorterie, logge e lobbies. Non si può però andare avanti con provvedimenti di mese in mese, sperando ogni volta che la situazione si risolva in poche settimane. Forse è necessario che il presidente del Consiglio parli al Paese.
Cosa dovrebbe fare Draghi?
Il quadro politico è molto incerto, fragile, ma proprio per il ruolo che ha Draghi in questo momento, proprio perché ha detto che non scenderà mai nell’agone politico, allora potrebbe presentare la Legge di bilancio in Parlamento a luglio invece che a ottobre, sulle linee che ho tentato di suggerire, e spiegarla al Paese.
Non è che forse Draghi sta aspettando di capire cosa farà l’Europa?
Non possiamo aspettare e la mia proposta non incide sui parametri di bilancio che contano in sede europea, non è basata su un forte scostamento di bilancio. Tra l’altro Draghi, nel suo discorso all’Europarlamento di martedì, ha accennato alla necessità di un federalismo pragmatico in Europa, come ho fatto a inizio anno, in un articolo sul Sole 24 Ore, spiegando che occorre un solido quadrilatero, formato da Germania, Francia, Italia e Spagna, che da sole rappresentano il 65% del Pil europeo, per fare un importante salto in avanti verso il bilancio federale. È ovvio che uno snodo importante, come ha detto chiaramente il Premier, in questo caso è rappresentato dal passaggio alle decisioni a maggioranza qualificata anziché all’unanimità.
Nel suo discorso Draghi è tornato a proporre l’imposizione di un tetto europeo al prezzo del gas. È una misura che funzionerebbe?
Sarebbe come prendere l’uccellino per la coda. Nel senso che è giusto fissare un tetto europeo al prezzo del gas, ma prima va predisposto un piano energetico europeo integrato che in 5-6 anni riduca sensibilmente la dipendenza europea dal gas e dal petrolio russo. Per fare un piccolo esempio, basterebbe allacciare la rete elettrica spagnola al resto d’Europa per avere già un effetto importante di ridistribuzione nell’Ue. Mi lasci aggiungere una cosa su quanto detto da Draghi all’Europarlamento.
Prego.
Finalmente il presidente del Consiglio ha usato parole molto chiare su quella oscenità economico-finanziaria del superbonus al 110%. È evidente, infatti, che una detrazione del 110% rimuove ogni contrasto di interesse sul prezzo tra le parti, perché alla fine è lo Stato ad accollarsi interamente il costo della ristrutturazione. E questo, come ha detto giustamente Draghi, ha fatto esplodere i prezzi.
Cosa pensa invece dell’annuncio di uno stop all’import di petrolio russo entro sei mesi che è stato fatto da Ursula von der Leyen?
A parte il fatto che l’import di petrolio incide molto meno rispetto a quello del gas russo, l’annuncio, se non è basato su un piano energetico strutturale europeo, resta un annuncio. Un po’ come un pugile che dopo aver preso nel primo round un bel diretto dal suo avversario, in questo caso l’invasione russa dell’Ucraina, gli annunciasse l’intenzione di metterlo ko al nono round: ci deve prima arrivare!
(Lorenzo Torrisi)
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