Su un punto le previsioni economiche di tutti gli istituti – dal Fondo monetario internazionale ai centri di ricerca italiani – sono concordi: dopo il rapido “rimbalzo” del 2022, ci stiamo avviando nel 2023 verso una recessione di cui non c’è accordo, nelle stime, sui contorni. C’è chi la prevede profonda ma breve e chi, invece, tratteggia un lungo periodo di crescita sotto-zero e successivamente una fase di andamento “zero virgola”. Molto dipende da due determinanti il cui andamento è difficilmente prevedibile: l’andamento della pandemia (di cui anche in Italia nelle ultime settimane c’è una preoccupante ripresa) e la guerra scatenata dalla Federazione Russa contro l’Ucraina. È in questo quadro che si ricomincia a parlare di “politiche keynesiane” per contrastare la recessione e favorire la crescita. Ciò è avvenuto anche dopo la crisi finanziaria del 2008-2009 (però senza grandi esiti) e per contrastare le implicazioni economiche del Covid-19 (con risultati non disprezzabili).
Cosa si deve intendere per “politiche keynesiane”? È arduo trovare una definizione univoca anche perché la lettura di Keynes (specialmente del suo principale lavoro teorico, Teoria Generale dell’Occupazione, dell’Interesse e della Moneta), per ammissione dello stesso autore, ha molti passaggi criptici o che sembrano contraddittori. Un ausilio importante è il libro Keynes, l’eretico – Vita e opere del grande economista che ha cambiato l’Occidente di Giorgio La Malfa, pubblicato da Mondadori in novembre.
La Malfa, dopo una lunga vita politica (e una carriera accademica), non è nuovo allo studio di Keynes. Nella primavera del 2019, nella collana I Meridiani di Mondadori è stato pubblicato, lo scorso aprile, un volume di oltre 1.300 pagine, progettato e curato da La Malfa, d intitolato la Teoria Generale dell’Occupazione, dell’Interesse e della Moneta e altri scritti di John M. Keynes. È stata una novità editoriale di grande momento perché, come è noto, l’intento della collana, fondata nel 1969, era, ed è ancora, quello di creare, sull’esempio della Bibliothèque de la Pléiade francese, un’edizione di libri prestigiosi (su carta finissima e rilegatura elegante) che raccogliesse le opere dei maggiori scrittori e poeti italiani e stranieri.
Il lavoro che ha impegnato Giorgio La Malfa, nella sua veste di economista e di professore di politica economica, dal 2014 al febbraio 2019 rappresenta un’importante innovazione non solo per il significato e il rilievo dei testi presentati, ma anche in quanto è la prima volta che ne I Meridiani appariva un libro che non apparteneva alla letteratura in senso stretto (narrativa, poesia, filosofia). Il libro contiene anche un saggio introduttivo di La Malfa.
Keynes, l’eretico integra e completa il Meridiano e rende la fruizione delle politiche keynesiane accessibile anche ai non specialisti (quali i politici).
Il volume è una raccolta di dieci saggi, sinora inediti, che spaziano dalla eredità di Keynes a Keynes politico al pragmatismo di Keynes all’economia vista come scienza morale al ruolo di Keynes nella Seconda guerra mondiale e, soprattutto, nella ricostruzione delle regole per l’economia internazionale dopo la fine del conflitto. A conclusione c’è un breve post-scriptum in cui l’autore ricorda le sue esperienze giovanili di studi in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Ciascuno dei dieci saggi è autonomo; quindi, non devono essere letti nell’ordine in cui appaiono del volume, ma in quello che rispecchia l’interesse del lettore per l’argomento specifico.
In questa nota, mi soffermo su due punti solamente: a) perché Keynes viene chiamato eretico b) che messaggio essenziale trarre per la politica economica oggi in Italia.
Nel 1933, in una trasmissione radiofonica, si definì parte di una piccola schiera di eretici che si andavano allontanando dall'”economia classica” allora dominante (e dagli ultimi decenni del Novecento tornata in primo piano), secondo cui i sistemi economici, pur con qualche difficoltà, si autoregolano da soli e portano alle soluzioni ottimali in materia di crescita del reddito, dell’occupazione e di sua distribuzione. In quest’ottica, la disciplina economica non aveva un fondamento “etico” e/o “politico”, ma era essenzialmente uno strumento che, accoppiato con la matematica, poteva essere utile a modellistica per delineare comportamenti e i loro effetti. I pochi eretici, come Keynes, contrastavano questa visione e dimostrarono che senza una “mano visibile” con una visione, invece, etica e politica, non si sarebbero raggiunti livelli ottimali di crescita e ancor meno di occupazione e di distribuzione del reddito.
Keynes viene di solito interpretato come fautore di spesa, anche di parte di corrente, in disavanzo. Questo sarebbe il messaggio da recepire? Nient’affatto. Non solo una lettura attenta Teoria Generale dell’Occupazione, dell’Interesse e della Moneta ma anche di altri scritti e di parte dell’epistolario (riportato nei saggi del volume), Keynes auspicava quello che oggi viene chiamato deficit spending non solo unicamente per contrastare cicli economici sfavorevoli e da farsi con investimenti pubblici di qualità e che nel giro di alcuni anni, con il moltiplicatore, avrebbero “reso” almeno quanto investito. Quindi, attenzione ai bonus e simili. Spingere invece sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).
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