L’Organizzazione mondiale della sanità ha pubblicato, in occasione della Giornata internazionale della donna dello scorso 8 marzo 2022, le nuove linee guida sull’aborto, con l’obiettivo di proteggere la salute di donne e ragazze, rendendo gli oltre 25 milioni di aborti che attualmente si verificano ogni anno sempre più sicuri. Nessuna parola sulla sicurezza del feto, o meglio ancora sulla salute del bambino. Di lui l’Oms si occupa in altre linee guida pubblicate successivamente – il 30 marzo -, in cui si preoccupa della sua salute nelle sei settimane che seguono al parto.



La sicurezza della donna

È interessante notare come nelle nuove linee guida Oms sull’aborto praticamente non ci si riferisca mai alla donna chiamandola madre, bypassando sistematicamente la sua relazione con il bambino, con suo figlio, che viene trattato prevalentemente come un corpo estraneo di cui liberarsi in totale sicurezza. È la sua sicurezza la vera posta in gioco e sono gli ostacoli alla sua sicurezza che vanno rimossi. Di qualunque tipo siano: culturali, familiari, medico-assistenziali, economici, organizzativi, legali, politici. Tutti vengono in qualche modo presi in esame e di tutti si segnala come venirne a capo, pur di non rinunciare all’idea di fondo: abortire e abortire in sicurezza.



Il primo ostacolo considerato è quello della illegalità e tra i primi punti delle linee guida si può leggere: “Dove è illegale o ostacolato ci sono più aborti e più decessi”.  E spesso la condizione di illegalità è legata a Paesi a basso reddito economico, in cui la povertà in genere e quella femminile in particolare creano condizioni di oggettiva pericolosità. Le donne, davanti ai rischi delle sanzioni penali, finiscono con il ricorrere a persone sprovviste di competenze specifiche, in contesti che mancano delle più elementari condizioni igieniche, con la conseguenza di andare incontro ad infezioni, lacerazioni interne, gravi emorragie, fino alla morte.



Le nuove linee guida, che affrontano il tema dell’aborto anche sotto il profilo socio-economico, nulla dicono però della necessità di andare incontro alla povertà femminile, offrendole un’alternativa, per facilitare una scelta che si faccia carico della maternità. Il leitmotiv resta uno solo: ottenere un aborto sicuro come fatto cruciale dell’assistenza sanitaria, e in questa chiave è ricorrente nel testo la raccomandazione di fare uso della pillola abortiva, i cui rischi sono assolutamente minimizzati o addirittura ignorati. Secondo le nuove linee guida occorre garantire l’accesso alle pillole abortive, proprio perché danno maggiori garanzie di aborti sicuri.
D’altra parte si afferma anche che quasi tutti i decessi e le lesioni risultanti da un aborto non sicuro sono del tutto prevedibili e prevenibili. C’è nel testo un tam tam che ricorre in ogni singolo punto: abortire è facile e sicuro se lo si fa nei luoghi e nei modi opportuni. Ogni dubbio, ripensamento, ogni ritardo, ogni incertezza, tutto concorre a rendere l’aborto più pericoloso e quindi va evitato. Quando l’aborto viene praticato con metodica raccomandata dall’Oms, adeguata alla durata della gravidanza e assistita da qualcuno con le informazioni o le competenze necessarie, è una procedura semplice ed estremamente sicura. Questo il leitmotiv delle linee guida.

Anche la telemedicina può aumentare i livelli di sicurezza della donna, se si trova in contesti in cui il rapporto diretto con i sanitari può risultare più difficile, come è avvenuto in tempi di Covid o come potrebbe accadere se una donna vivesse in un contesto più isolato o non volesse condividere la sua esperienza con persone che potrebbero non comprenderla o non apprezzare la sua scelta. La tecnologia potrebbe rappresentare un elemento di sicurezza, a patto di considerare l’ulteriore livello di solitudine in cui la donna matura una decisione a forte impatto emotivo e con una enorme implicazione di natura etica, senza potersi confrontare con qualcuno e senza sentirsi appoggiata da nessuno. Se è vero che l’assistenza all’aborto deve rispettare le decisioni e i bisogni di donne e ragazze, garantendo che siano trattate con dignità e senza stigma o giudizio, è altrettanto vero che non può essere la tecnologia a supplire al bisogno di elaborare una decisione che pone fine in modo irrevocabile alla vita di un’altra persona.

La sicurezza a cui le attuali linee guida Oms fanno riferimento è sempre la sicurezza fisica, glissando sistematicamente sulla sicurezza psicologica che è sempre a rischio in un momento ad elevata complessità emotivo-relazionale. Queste linee guida partono dal presupposto che mai, assolutamente mai, la donna possa avere un ripensamento e chiedersi cosa sta facendo e perché. La vera domanda che queste linee guida non permettono mai di porsi riguarda il chi è del soggetto che si sta per abortire: chi è lui e chi è per me. Tutta l’operazione aborto sicuro tende ad eludere proprio questo interrogativo, che potrebbe diventare il più importante fattore di rivalutazione di una decisione di tale importanza.

Si ha la sensazione che mentre l’enfasi è tutta messa sulla sicurezza fisica della donna, per il resto si vogliano banalizzare le altre domande affettivamente ed eticamente rilevanti. Il pensarci, il solo pensarci, ritarda il processo e nuoce gravemente alla salute della donna.

Rimuovere le barriere politiche

Queste linee guida sono politicamente ambiziose, molto ambiziose e pretendono di dettare la linea anche ai governi a cui raccomandano di rimuovere gli ostacoli politici non necessari dal punto di vista medico all’aborto sicuro. Tra questi ci sono i tempi di attesa obbligatori, la pretesa che l’approvazione debba essere data anche da altre persone, sia che si tratti del partner, che del bambino è comunque il padre, o i genitori di una minorenne, o le stesse istituzioni quando pongono dei limiti all’aborto, a cominciare dal fissarne i termini: quando e fino a quando si può abortire. Nelle linee guida si legge che tali barriere possono portare a ritardi critici nell’accesso all’aborto e quindi esporre donne e ragazze a maggior rischio di aborti non sicuri, con tutte le relative complicazioni per quanto riguarda la loro salute.

Secondo l’Oms l’evidenza mostra che limitare l’accesso agli aborti non ne riduce il numero, mentre è probabile che le restrizioni spingano donne e ragazze verso procedure non sicure. I tassi più alti di aborto sono stati riscontrati, sempre secondo l’Oms, nei Paesi con le maggiori restrizioni legali. Anzi, si afferma che nell’ultimo anno c’è stato un aumento del 12% del numero di aborti nei Paesi con restrizioni legali sulla procedura, mentre è leggermente diminuito nei paesi in cui l’aborto è ampiamente legale.

Prime linee guida Oms per l’assistenza dopo il parto

Dopo appena 20 giorni dalla pubblicazione delle linee guida sull’aborto, l’Oms ha pubblicato anche le Linee guida per l’assistenza nelle prime settimane dopo il parto; sono circa 60 raccomandazioni, con una differenza sorprendente rispetto alle linee guida sull’aborto. Differenza di linguaggio, terminologia, approccio, che sorprende, come se si trattasse di istituzioni diverse messe davanti a problemi del tutto scollegati tra di loro.

Le sei settimane dopo il parto rappresentano un periodo delicatissimo per madre e neonati, dal momento che secondo alcune stime in questo periodo si ha fino al 30% dei decessi materni e nel primo mese di vita muoiono 17 bambini ogni 1000 nati vivi. Questo perché oggi, nel mondo, madri e bambini non ricevono la necessaria assistenza, nonostante si sappia quanto possono essere gravi le conseguenze fisiche ed emotive del parto. L’Oms nelle nuove linee guida riconosce che le donne, subito dopo il parto, desiderano e hanno realmente bisogno di relazioni positive e di un aiuto concreto per superare le sfide fisiche ed emotive che si verificano dopo la nascita, e per acquistare fiducia in se stesse come genitori.

Oltre ad affrontare problemi di salute immediati, le raccomandazioni dell’Oms forniscono indicazioni sui comportamenti che possono influire positivamente sullo sviluppo del bambino e sul benessere della famiglia. Si parla di allattamento, di come interagire con il bimbo e riuscire a sviluppare una relazione con lui; si descrive come posizionarlo durante il sonno, perché possa riposare in modo sereno e sicuro. Una parte delle linee guida è dedicata ai papà e a quanto sia importante che si prendano cura del neonato e diano supporto alla donna.

A livello assistenziale, il documento indica l’importanza di garantire l’assistenza nelle strutture sanitarie per almeno 24 ore dopo la nascita e di prevedere almeno tre controlli aggiuntivi nelle prime sei settimane dal parto. Aiutano a identificare i sintomi che richiedono cure mediche urgenti alla donna o al bambino, ma evidenziano anche l’importanza di informare e fornire assistenza sui problemi più comuni per le donne che hanno appena partorito, come il dolore perineale e l’ingorgo mammario. Evidenziano la necessità di sottoporre tutti i neonati allo Sne (screening neonatale esteso) e segnalano l’importanza delle vaccinazioni e il rispetto per il calendario vaccinale. Alle mamme è raccomandato lo screening per la depressione e l’ansia. E nel lessico con cui queste linee guida sono formulate colpisce l’uso ricorrente di parole come mamma, padre, bambino, figlio…

In conclusione

Ci si può chiedere come sia possibile avere un linguaggio così asettico, freddo, distanziante, anemotivo e anaffettivo quando si parla di aborto e si tratta il bambino come un corpo estraneo da eliminare, e come si possa capovolgere radicalmente la situazione nelle linee guida successive, tornando a parlare di mamma e papà, del figlio, dei suoi bisogni e della responsabilità genitoriale, accanto alla presa in carico della fragilità femminile che rimanda ad una più intima e profonda collaborazione con quel compagno-papà che si era ostinatamente negato nel documento precedente. Sembra l’espressione di una schizofrenia tipica del nostro tempo, che nega e afferma contemporaneamente, si contraddice e tenta di recuperare spazi e tempi relazionali, passando dal più rigido principio di autodeterminazione (abortisco quando e come voglio, senza interferenze di alcun tipo) al principio di solidarietà che nutre un rapporto fatto di reciproca interdipendenza, ricco di umanità e di calore affettivo.

Misteri della vita: ma non bisognerebbe mai leggere le linee guida sulle prime settimane di vita del bambino senza leggere, contestualmente, quelle sull’aborto.

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