Negli ultimi giorni sono arrivate dichiarazioni interessanti dai due membri spagnoli del Consiglio direttivo della Bce. Pablo Hernández de Cos, Governatore del Banco de España, ha infatti detto che l’Eurotower si sta avvicinando alla conclusione del ciclo di rialzo dei tassi.
Concetto ribadito anche dal vicepresidente della Bce, Luis de Guindos, secondo cui “una significativa parte del viaggio è già stata percorsa, c’è ancora una parte di strada da fare, ma probabilmente la parte che ci aspetta è più corta. Non so però quale sarà il punto finale”. Abbiamo chiesto un commento a Domenico Lombardi, economista ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale, ora Direttore del Policy Observatory della Luiss.
Dopo gli ultimi dati sull’inflazione è difficile ipotizzare che a giugno la Bce non proceda a un nuovo rialzo dei tassi. Quando verosimilmente potrà iniziare la “pausa”?
Gli ultimi dati confermano la persistenza dell’inflazione di fondo su valori ancora significativamente superiori al target di medio periodo della Bce. Ne consegue che la politica monetaria verrà ulteriormente inasprita nel corso della prossima riunione prevista a giugno. Tuttavia, le dichiarazioni di alcuni esponenti della Bce, unitamente all’evidenza dell’inasprimento delle condizioni del mercato del credito nel frattempo intervenute, indicano che nel corso dell’estate la Bce possa fermare il ciclo di rialzi per meglio valutare i rialzi cumulativi dei tassi di intervento sino ad allora. Va rilevato che da luglio la Bce cesserà di riacquistare i titoli che giungeranno a scadenza nell’ambito del programma non convenzionale App. Probabilmente, si tratta di una condizione richiesta dai falchi per acconsentire a un rallentamento se non – appunto – una pausa nel ritmo di inasprimento della politica monetaria.
Il ministro degli Esteri Tajani ha evidenziato che, avendo l’inflazione in Europa cause esogene, non si risolve alzando i tassi di interesse. Quale può essere l’alternativa alla stretta monetaria?
Che l’inflazione europea abbia, in prevalenza, cause esogene è un fatto. È chiaro che nelle parole del ministro Tajani pesa la consapevolezza, ma anche la frustrazione, delle ripercussioni dell’inasprimento della politica monetaria sulla fragilità della nostra economia. Aggiungerei che la Bce non va lasciata sola nella lotta all’inflazione: l’Eurozona dovrebbe piuttosto espandere l’offerta aggregata per mitigare la dinamica inflazionistica. In tal senso, la proposta italiana per un fondo sovrano europeo non va sottovalutata.
La Commissione europea ha diffuso a inizio settimana le nuove previsioni economiche nelle quali l’Italia ben figura. Il +1,2% stimato per il 2023 potrebbe essere messo in discussione da un’ulteriore stretta della Bce?
I dati congiunturali indicano una crescita del Pil che per l’anno in corso eccederà l’1%. Si tratta di circa il doppio della previsione (pari allo 0,6%) formulata nell’ultima Legge di bilancio a riprova di una postura particolarmente prudente seguita dal Governo. Le previsioni della Commissione confermano ulteriormente tale valutazione con una diminuzione del deficit fiscale dall’8% del 2022 al 3,7% previsto per il 2024. Analogamente il rapporto debito/Pil è anch’esso previsto in diminuzione, al 140,3% nel 2024 dal 144,4% del 2022.
Sempre a proposito delle previsioni di Bruxelles, quanto deve preoccupare il fatto che nel 2024 l’Italia crescerà meno degli altri Paesi europei, nonostante la “spinta” del Pnrr?
In effetti, il vero tema è l’aumento del tasso potenziale di crescita che necessariamente richiede la piena attuazione del Pnrr. La stabilità fiscale richiede l’innalzamento delle prospettive di crescita – già ora più elevate rispetto alla recente media storica – anche per far fronte all’aumento della spesa per interessi in seguito al marcato inasprimento della politica monetaria e al conseguente rialzo dei tassi.
Quanto dobbiamo temere il giudizio di Moody’s previsto domani e più in generale le varie revisioni del rating che si succederanno nel corso dei prossimi mesi, vista anche la minor presenza della Bce sul mercato secondario dei titoli di stato?
Il recente paper di Moody’s che è stato tirato in ballo per alimentare in modo irresponsabile l’aspettativa di un imminente abbassamento del rating sovrano dice cose affatto diverse per chi lo ha letto per intero. Del resto, pochi giorni fa un’altra agenzia di rating, la Fitch, ha confermato la stabilità del nostro rating, migliorato le stime di crescita del Pil e sottolineato la stabilità politica di cui può beneficiare questo Governo e il suo programma di riforme – programma di riforme per il quale esiste una finestra politica unica.
L’Abi ha intanto fatto sapere che la stretta operata dalla Bce ha fatto sentire i suoi effetti sui prestiti bancari: ad aprile si è azzerata la crescita di quelli a famiglie e imprese, mentre i tassi sui nuovi mutui hanno superato il 4%. Sono dati che ci devono preoccupare?
Sono sviluppi che vanno attentamente monitorati e che attestano l’efficacia della postura restrittiva di politica monetaria. Anche per questo, occorre valorizzare il potenziale espansivo legato agli investimenti previsti dal Pnrr.
(Lorenzo Torrisi)
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