La guerra in Ucraina ha riavvicinato l’America e l’Unione Europea, ma nel prossimo futuro le conseguenze economiche del conflitto in corso rischiano di far divergere in modo significativo i loro destini. La guerra energetica ha portato i Paesi occidentali ad avviare strategie che pongono seri problemi rispetto alla questione della competitività delle loro imprese e della sicurezza energetica. In risposta alla “inflazione energetica”, l’Unione Europea ha adottato una politica di sostengo ai redditi e alle imprese, ma ha preferito non intervenire sui meccanicismi di mercato che regolano i prezzi dell’energia.



Dall’altra sponda dell’Atlantico le cose sono andate diversamente. L’Inflation Reduction Act (Ira) varato dall’amministrazione Biden stanzia 391 miliardi di dollari a favore della produzione domestica di energia e della produzione di energia pulita. Una misura di portata epocale alla quale si aggiunge il fatto che al momento il gas negli Usa costa un terzo di quello nei Paesi europei, che palesa una realtà in cui le imprese americane avranno un colossale vantaggio competitivo.



A riguardo, molti analisti hanno evocato per l’Europa lo scenario cupo della de-industrializzazione in cui le imprese più dinamiche decidono di emigrare in America in cerca dei ricchi sussidi offerti dal governo. Con una punta di ironia l’Economist, in un recente articolo, faceva osservare che l’Ira e i suoi investimenti a favore del make-in-America ricordavano le politiche industriali cinesi e che in una fase caratterizzata dal ritorno su scala globale delle politiche protezionistiche e dell’intervento dello Stato in economia, l’Ue è ormai rimasta l’unica entità a credere ancora nei dogmi liberoscambisti dell’Organizzazione del commercio.



Benché Thierry Breton, il commissario europeo per il mercato interno, abbia definito l’Ira “Una sfida esistenziale all’economia europea”, al momento non è possibile intravedere una risposta condivisa da tutti i Paesi europei. Dall’incontro di Parigi fra i ministri dell’Economia di Francia e Germania Bruno Le Marie e Robert Habeck sono emersi il condiviso rifiuto di una nuova guerra commerciale e la volontà di difendere gli interessi europei, ma la modalità con cui avviare una strategia comune rimane ancora tutta da definire.

Da indiscrezioni raccolte dalla rivista Politico l’Ue avrebbe deciso di non sottrarsi alla competizione nel campo della supremazia tecnologica ed energetica e sarebbe in procinto di varare un programma di sostegno alle imprese più all’avanguardia nel campo della transizione green. In questa prospettiva l’European Sovereignty Fund annunciato a inizio novembre da Ursula von der Leyen potrebbe essere stato il primo deciso passo verso una nuova fase di politica industriale trainata dalla digitalizzazione e dalla de-carbonizzazione. Bisognerà, però vedere se si riuscirà a far convergere i vari interessi nazionali sul tema della sfida per la leadership tecnologica e sulle risposte alla guerra energetica. Ad esempio, non è facile prevedere cosa accadrà quando l’aumento della domanda in Francia – fortemente legata alla produzione nucleare – trainerà l’aumento dei prezzi dell’energia anche in Germania, mentre è difficile immaginare una politica sui temi della sovranità tecnologica immune dagli egoismi nazionali, come già successo in passato con il caso del fallimento del progetto dell’aereo da combattimento europeo Future Combat Air System.

In un mondo che continua a sperimentare salti di paradigma e veloci accelerazioni, l’Europa sembra aver accumulato un ritardo notevole nei confronti di Usa e Cina nel campo delle tecnologie verdi e non è ancora in grado di troncare la propria dipendenza nella componentistica, nella tecnologia e nei combustibili fossili. Il caso della filiera dell’automotive tedesca, fortemente connessa a quella cinese, è emblematico. Mentre i colossi cinesi e coreani, sul fronte del mercato strategico delle batterie per macchine EV e delle Gigafactory, guardano con sempre maggiore interesse ai sussidi dell’Ira, l’industria tedesca non ha ancora le idee chiare su che strada intraprendere.

Quanto i destini dell’industria tedesca interessino la Cina lo testimonia il Global Times, pubblicato dal Partito comunista cinese, che indicava nella Germania e nella Cina le principali vittime dell’Ira. In definitiva l’amministrazione Biden sembra aver messo l’Ue di fronte alle proprie responsabilità e il tempo delle decisioni strategiche sembra essere finalmente arrivato.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI