La controffensiva ucraina nel settore di Kharkiv appare un successo: le forze di Kiev hanno rivendicato di avere sottratto al controllo di Mosca circa 6mila chilometri quadrati (Roma è ampia 1.285 km quadrati) prima occupati dalle truppe russe. La riuscita dell’operazione, come riportato dal New York Times, si deve anche alla più stretta collaborazione tra le intelligence ucraina e americana. Secondo la Tass le forze russe si sono ritirate per non impegnarsi in uno scontro che le avrebbe viste nettamente sfavorite, essendo le forze ucraine in numero otto volte superiore.
Il vero punto debole della Russia si è rivelato ancora una volta l’intelligence non all’altezza, secondo il generale Giorgio Battisti, già comandante del corpo d’armata di Reazione rapida della Nato in Italia e capo di stato maggiore della missione Isaf in Afghanistan. “Definire la ritirata russa una Caporetto appare ancora prematuro” spiega Battisti. “Con un riferimento storico, l’offensiva ucraina ricorda piuttosto l’ultima offensiva tedesca del dicembre 1944 nelle Ardenne. Di certo, come e più di prima, è guerra totale”.
La controffensiva ucraina ha sorpreso e spiazzato i russi. Cosa ha reso possibile questa iniziativa vincente?
Mosca si aspettava che lo sforzo principale ucraino venisse esercitato su Kherson, nel sudovest, dove era stato preannunciato da Kiev ed era atteso da diverse settimane e dove in effetti è iniziato a fine agosto. Tanto è vero che la Russia, per poter contenere l’attacco, aveva spostato truppe e mezzi dal Donbass e dalla regione di Kharkiv, sguarnendo così il settore nord-orientale del fronte. Proprio quello che Kiev voleva.
Qualcuno ha sottolineato il rapporto sfavorevole tra le forze russe impiegate, 130-150mila uomini, e la lunghezza del fronte, oltre 1.300 chilometri.
Anche questo è un aspetto decisivo, che può avere avuto un ruolo importante nell’effetto sorpresa. In più risulterebbe che dove gli ucraini hanno sfondato, i russi avessero schierato a presidio del fronte la Rosvguardia, o Guardia nazionale, forze paramilitari adatte più a compiti di sicurezza interna e non al combattimento.
È questo il fattore determinante?
A mio avviso, no. L’elemento cruciale è il fallimento, di fatto, dell’intelligence militare russa nell’acquisire informazioni e movimenti avversari di uomini e mezzi necessari all’offensiva.
È un punto che va ascritto alle capacità delle forze ucraine o al supporto occidentale?
Le due cose non si escludono. Lo stato maggiore ucraino, che da anni gode del supporto anche dottrinale dei consiglieri occidentali, fin dal 24 febbraio si è dimostrato in grado di contenere con capacità insospettabili gli attacchi russi e ha manifestato un’insospettabile volontà di resistenza.
L’intelligence russa ha già commesso errori gravi come questo?
Sì. Innanzitutto la previsione, rivelatasi sbagliata, del tracollo delle istituzioni ucraine e che i russi sarebbero stati accolti favorevolmente dalla popolazione. Sul piano strettamente militare, lo scacco subito dai paracadutisti russi nella operazione eliportata per la presa dell’aeroporto Antonov a Gostomel, durante le prime ore del conflitto, dove trovarono le truppe ucraine ad attenderli.
Come si fa ad escludere che questi eventi non fossero stati messi in conto dai russi o che rispondessero ad altrettante strategie?
Sappiamo che molti generali sono stati sostituiti. Da ultimo, il generale Berdnikov, comandante del distretto militare occidentale, il 26 agosto, dove è avvenuta la controffensiva ucraina.
“I rapidi successi ucraini” recita il solito bollettino dell’intelligence britannica “hanno implicazioni significative per il disegno operativo complessivo della Russia”. Ma qual è questo disegno?
Non lo sappiamo, perché le indicazioni che emergono sono contradditorie. È stato attribuito al Cremlino il proposito di occupare tutta l’Ucraina senza sparare un colpo, di catturare il governo di Kiev, come di abbandonare la capitale per occupare il Donbass entro i limiti geografici delle due repubbliche. Era anche sembrato che un obiettivo fosse prendere Odessa partendo dalla testa di ponte di Kherson. Per il presidente ceceno Kadyrov, l’obiettivo di Mosca è occupare l’intera Ucraina con qualsiasi mezzo; ieri Medvedev ha affermato che non ci sarà dialogo fino a quando l’Ucraina non capitolerà; Lavrov l’altro ieri ha parlato di “complicazioni che ritardano la trattativa” non escludendo l’avvio di contatti diplomatici.
Prevarrà Medvedev o Lavrov?
È molto probabile che giochino a poliziotto buono e poliziotto cattivo. Ritengo tuttavia che nei vertici russi ci sia un po’ di incertezza nel ridefinire gli obiettivi del conflitto.
Come fa a dirlo?
Dopo sette mesi di guerra Mosca non ha ancora raggiunto nessun obiettivo importante tranne Kherson. Tutte le altre azioni o si sono arenate, o sono progredite con grande lentezza come nel Donbass, dove i risultati conseguiti sono sproporzionati agli sforzi sostenuti. Non sappiamo quale potrebbe essere ora l’obiettivo della “Operazione militare speciale”.
È ipotizzabile che la strategia del Cremlino sia quella di combattere una guerra lunga, a bassa intensità, per logorare l’Ucraina sul campo e l’Europa sul piano energetico?
Non si può escludere. È una strategia che andrebbe commisurata agli svantaggi per la Russia, in termini di perdite di vite umane e di consenso interno. D’altra parte Zelensky e alcuni esponenti politici e militari hanno parlato di un conflitto che andrà avanti per tutto il 2023. Gli ucraini mirano con il supporto occidentale a riprendersi tutto il loro territorio, Crimea compresa.
Quindi?
Siamo ancora a un dialogo tra sordi.
È verosimile uno scenario post guerra di Corea?
Presuppone un consolidamento del fronte e, successivamente, l’apertura di un dialogo diplomatico. Potrebbe fare comodo a entrambi, Russia e Ucraina. Adesso però non se ne vedono le condizioni.
Kiev ha diritto a veder liberato il proprio territorio. L’obiettivo di Zelensky è anche militarmente realistico?
Ritengo che sia molto difficile. Putin ha dichiarato che la Crimea è russa, e anche se non è riconosciuta dalla comunità internazionale è di fatto territorio russo. Non penso che la Crimea possa essere tolta alla Russia se non con la forza o dopo una sconfitta militare eclatante, di cui ora non si vedono i presupposti.
La controffensiva ucraina su Kharkiv è una Caporetto della Russia?
Mi pare un’interpretazione esagerata più che altro per finalità mediatiche, perché i russi hanno il controllo della maggioranza degli altri settori. La controffensiva ucraina ricorda piuttosto l’imprevista offensiva tedesca delle Ardenne del dicembre 1944, quando i nazisti, concentrando un forte dispositivo di forze senza che gli alleati potessero rilevarlo, attaccarono un tratto di fronte tenuto dagli americani cogliendoli completamente di sorpresa.
Dove sta il punto?
Gli ucraini hanno la capacità di continuare l’avanzata? Ogni offensiva richiede supporto logistico aderente e continuo, munizioni, equipaggiamenti, afflusso di personale di rincalzo per proseguire.
Secondo lei la controffensiva ucraina allontana o avvicina l’ipotesi del ricorso da parte di Mosca ad armi non convenzionali?
Nella dottrina militare russa dal 2018 è previsto il ricorso all’arma nucleare tattica per esercitare pressioni sull’avversario, cioè per vincere. Non sapremo mai cosa intende fare Putin. Se l’offensiva prosegue, e i russi devono cedere terreno sino a ritirarsi sul confine, il rischio di un ricorso all’atomica è da prendere in considerazione.
Dal punto di vista prettamente militare, la Russia avrebbe alternative?
L’offensiva ucraina ha un fronte molto ampio; se i russi avessero bravi generali, forze e buona capacità di manovra, potrebbero chiudere il saliente ucraino in una sacca.
La Russia finora ha risposto all’offensiva intensificando i bombardamenti di siti energetici e della rete idrica.
Sono mesi che i russi bombardano le reti ferroviarie e altre strutture strategiche, nonché i centri abitati. Queste azioni servono a danneggiare la popolazione civile e il governo, dimostrando che l’Ucraina non è sicura. Quello che non sapremo mai è quale disegno sovrintende le iniziative russe. Di sicuro adesso la guerra è più totale di prima.
La sua previsione nel breve termine?
È presto per formulare previsioni attendibili. Occorre aspettare gli sviluppi dei prossimi giorni e vedere se i russi riescono a bloccare l’offensiva e tenere le posizioni sugli altri fronti. In ogni caso ritengo che Mosca debba far affluire da altre parti del suo immenso territorio ulteriori truppe per consolidare le posizioni e tentare di riprendere l’iniziativa.
Si è parlato di un arruolamento di massa dei giovani russi.
Non avrebbe nessun effetto nel prossimo futuro per la necessità di addestrare questi giovani per diversi mesi, al fine di fornire loro una preparazione militare accettabile. Oggi la sola “massa” non crea più la differenza sul campo di battaglia se non è associata ad un elevato livello di professionalità, che richiede tempo. Questi quasi sette mesi di conflitto lo hanno dimostrato.
(Federico Ferraù)
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