Il governo russo ha promulgato una legge che sancisce che il Mare d’Azov adesso è un mare interno russo, a dimostrazione che Mosca ha raggiunto diversi obiettivi tra quelli che si era prefissata al momento di lanciare la sua operazione speciale. L’Ucraina sta cercando di riguadagnare almeno una parte dei territori con la sua controffensiva, ma i risultati, almeno finora, non sono così soddisfacenti.



Le forze di Kiev, svantaggiate dal fatto di non avere una copertura aerea nel corso degli attacchi, devono confrontarsi con l’evidenza di avere grosse perdite: un elemento che pone qualche interrogativo sulla reale riuscita della controffensiva. Se riuscissero anche solo a interrompere i collegamenti tra la Russia e la Crimea sarebbe già un buon risultato dal punto di vista strategico, ma non appare così facile da ottenere.



I russi, intanto, potrebbero acquistare nuovi droni dall’Iran per sopperire alla dichiarata carenza di questi armamenti, che sarebbe stata ammessa dallo stesso Cremlino. Insomma, la guerra, tra nuovi rifornimenti previsti dall’Occidente e gli ennesimi screzi tra Prigozhin, capo della Wagner, e Shoigu, ministro della Difesa russa, continua più cruenta che mai.

Anche se non ci sono notizie sufficienti a far capire con precisione quale sia lo stato dell’arte: “Le informazioni che arrivano – osserva Giuseppe Morabito, generale con all’attivo diverse missioni all’estero, membro fondatore dell’Igsda e del Collegio dei Direttori della Nato Defense College Foundation – sono frammentate, difficilmente comparabili e infarcite di propaganda, tanto che diventa complicato poter fare una analisi”.



Intanto Mosca, per l’ennesima volta, minaccia di non rinnovare l’accordo per commercializzare il grano ucraino, agitando lo spauracchio di una crisi alimentare nei Paesi ai quali il grano sarebbe destinato e per i quali rimane assolutamente indispensabile.

I russi hanno emanato una legge per annettersi anche il Mare d’Azov: ormai hanno chiuso il cerchio delle conquiste?

Il Mare d’Azov era stato perso da tempo dall’Ucraina. Kiev ormai dovrebbe metterci una pietra sopra. Le province che Mosca ha annesso facendole diventare russe con un referendum “fantoccio” si affacciano su questo specchio d’acqua che per Mosca è diventato un mare interno di grande importanza.

Perché è così importante?

Come mare interno i russi ora possono fare quello che vogliono, dalla pesca al commercio, alle basi militari, fino a organizzare i supporti per la Crimea. È interno, ma non è chiuso, è collegato con il Mar Nero e quell’area è importante anche perché è in collegamento con il Mediterraneo, oltre che ricca di risorse energetiche e minerarie. Il Mare d’Azov, in particolare, non è profondo e quindi la navigazione è limitata, ma sarebbe molto pescoso e si trova in una zona che è molto ricca di ferro.

Putin ha anche minacciato di non rinnovare l’accordo per permettere la commercializzazione del grano ucraino. Fa sul serio?

È una minaccia che si ripete ogni volta quando si avvicina la scadenza dell’intesa e ogni volta alla fine si è trovato un accordo. È un modo per far pressione sulla comunità internazionale e strappare qualche condizione più favorevole per la Russia. Se Mosca blocca la commercializzazione del grano, fa un danno all’Ucraina, ma anche a tutti quelli che dovrebbero riceverlo: un problema non da poco che potrebbe causare una crisi alimentare in diversi Paesi. Il grano russo potrebbe andare, ad esempio, in direzione Cina Popolare, Iran o altri paesi a Est.

Come funziona l’intesa?

Il grano ucraino parte principalmente da Odessa, il grano russo esce dai porti russi. L’intesa prevede che sia garantita la libera circolazione delle specifiche navi da carico nel Mar Nero, il passaggio dallo stretto dei Dardanelli per poi permettere la commercializzazione attraverso il Mediterraneo. La Russia può facilmente impedire la libera circolazione nel Mar Nero.

L’allagamento della zona del Dnepr per la rottura della diga di Kakhovka comporterà una diminuzione anche della produzione agricola? 

È indubbio, anche se è difficile quantificare il danno.

La controffensiva ucraina, invece, come sta procedendo?

Le forze ucraine stanno attualmente tentando un’operazione non semplice, un attacco frontale contro posizioni difensive preparate e ulteriormente complicato dalla mancanza di superiorità aerea e, comunque, avrebbero il vantaggio sul campo degli apparati di visione notturna ricevuti dai Paesi Nato. Di contro, le forze russe possono contare su più linee difensive organizzate e strutturate, sulla superiorità aerea, su un artiglieria maggiormente potente e sull’efficacia della propria struttura di guerra elettronica.

Sulla stampa americana, e non solo, si parla già di grosse perdite da parte degli ucraini: l’attacco sta costando molto?

Costa, purtroppo, in termini di vite umane e mezzi. Chi attacca, da sempre, perde più uomini di chi si difende. I russi poi si difendono da posizioni fortificate, ben protette, mentre chi attacca deve uscire allo scoperto. Le perdite sono tante anche perché, come già indicato, non c’è copertura aerea per l’offensiva ucraina.

Il vero tallone d’Achille degli ucraini, quindi, è che non hanno la copertura aerea?

Sì, i russi invece hanno una buona “capacità” aerea e missilistica che opera in supporto delle postazioni difensive.

Strategicamente, comunque, i russi sono in una posizione di vantaggio. Hanno già occupato molti dei territori cui miravano prima dell’aggressione: c’è modo di scalzarli?

La Russia ha raggiunto parte degli obiettivi che si era prefissata: il controllo della Crimea, di tutte le sponde del Mare d’Azov, la maggior parte delle due province di Donetsk e Lugansk. Adesso si potrebbe riconquistare queste aree solo con ingente sacrificio di uomini e di mezzi. Bisogna vedere quale sarà la capacità dell’Ucraina di alimentare la controffensiva e per quanto tempo, perché un attacco del genere comporta anche un grande impegno logistico. Gli esperti formulano l’ipotesi che, comunque, si tratterebbe di un contrattacco limitato nel tempo e nello spazio.

Non possiamo aspettarci quindi risultati eclatanti?

Se le forze ucraine in controffensiva riescono a interrompere i collegamenti tra la Russia e la Crimea, hanno già ottenuto un grosso risultato isolando la penisola. Devono riuscirci e poi mantenere le posizioni eventualmente raggiunte. Questo è il problema.

Il Cremlino, intanto, ha ammesso che ai russi mancano armi di precisione e droni: anche Mosca ha qualche problema di rifornimento o si tratta della solita disinformazione?

Se fosse vero, probabilmente Mosca si starà già organizzando per acquisire i droni, soprattutto dall’Iran o da altri Paesi a lei amici. L’unico che non ha problemi ad ammettere la fornitura è l’Iran: sappiamo che li produce, eventualmente rifornirà la Russia.

Il portavoce del Cremlino Peskov ha affermato che Mosca chiede una zona cuscinetto tra Russia e Ucraina per salvaguardare i suoi civili. Come mai questa iniziativa? Cosa può significare?

I russi sono orientati ad accettare una fascia d’interposizione sotto il controllo Onu, modello Corea. Non è una novità, se ne parla da diverso tempo. Significherebbe accettare la situazione del momento e “congelare” quanto guadagnato e perso da entrambe le parti. Non è quanto dichiarato più volte da parte ucraina, Kiev chiede di riprendere il controllo di tutti i territori pre 2014.

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