La Corte costituzionale ha bocciato la legge della Regione Veneto sul “controllo di vicinato”, in quanto è competenza esclusiva dello Stato occuparsi dell’ordine pubblico. Solo lo Stato può legiferare in materia di “sicurezza primaria”, cioè nell’attività di prevenzione e repressione dei reati, affidata alle forze di polizia in maniera primaria. Le Regioni, invece, possono intervenire a livello della “sicurezza secondaria”, quindi con azioni che rafforzano la cultura della legalità nel contesto sociale e per rimuovere le condizioni in cui possono svilupparsi fenomeni di criminalità. Queste le motivazioni con cui la Consulta nella sentenza depositata oggi ha dichiarato incostituzionale la legge della Regione Veneto. La legge regionale prevedeva forme di controllo del territorio da parte di cittadini, i quali fungevano da “ausilio” alle forze di polizia. Quindi, incideva in maniera inevitabile sulla “sicurezza primaria”, di competenza legislativa dello Stato secondo quanto previsto dalla Costituzione.



CONSULTA “CONTROLLO DI VICINATO INCOSTITUZIONALE”

La Corte costituzionale ha precisato che la legge statale può comunque disciplinare direttamente il fenomeno del “controllo di vicinato”, oggetto peraltro di molti protocolli di intesa tra prefetture e comuni in diverse parti del territorio nazionale. Questo nell’ottica di una partecipazione attiva dei cittadini e di una loro responsabilizzazione rispetto all’obiettivo di una prevenzione più efficace dei reati, attuata tramite l’organizzazione di attività di supporto alle attività istituzionali delle forze di polizia. La legge regionale n. 34 del 2019 del Veneto, annullata dalla Consulta, si proponeva di promuovere e regolare il cosiddetto “controllo di vicinato”, sostenendone in vario modo le attività e istituendo una banca dati per il monitoraggio dei suoi risultati. Così il Comune di Verona, in accordo con la prefettura, creò il programma “Quartieri sicuri” e alcuni comuni della provincia hanno attivato i volontari.

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