Le agenzie per il controllo di internet russa e cinese, Rkn e Cac, hanno stretto ancora di più il loro accordo di collaborazione per individuare i “contenuti proibiti” e filtrare le informazioni. Un’intesa che va avanti da qualche anno e che le parti avrebbero rafforzato dopo lo scoppio della guerra in Ucraina.

Lo rivela Asianews.it. Ma come agiscono la propaganda russa e cinese in questo campo e quali effetti hanno anche sull’opinione pubblica occidentale? Lo spiega Stefano Zanero, professore ordinario nel dipartimento di ingegneria informatica del Politecnico di Milano, esperto di sicurezza informatica.



Professore, come controllano Russia e Cina le informazioni e i contenuti rilanciati dalla rete?

In Cina l’accesso a internet è controllato attraverso una struttura che in gergo è nota come il Grande Firewall, richiamando la Grande Muraglia, e controlla l’accesso a una serie di siti. I social più famosi sono tutti bloccati.



Non si può accedere a Facebook e Twitter?

Assolutamente no, l’accesso ai social media occidentali è bloccato. Dopo di che una parte degli expat che vivono là e una parte di cittadini cinesi utilizzano, in modo abbastanza diffuso, escamotage come le VPN per oltrepassare il Grande Firewall e connettersi lo stesso. È comunque un’azione illegale, quelli che lo fanno se ne servono più che altro per leggere. Se scrivono stanno attenti a cosa mettono nero su bianco, perché se scrivono cose non gradite, e qualcuno le riporta, poi si possono trovare accusati non solo per quello che hanno scritto ma per il solo fatto di essersi collegai a siti che sono bloccati. Questo è vero da sempre: in Cina non c’è mai stato un accesso non controllato ad internet.



Invece in Russia cosa succede?

In Russia, almeno fino a qualche tempo fa, la situazione era un po’ diversa, non c’era un controllo così capillare. Forse non c’erano neanche le infrastrutture. Immagino che dopo lo scoppio delle ostilità in Ucraina e la necessità di controllare in maniera molto rigida l’informazione, perché c’è una fortissima propaganda sul tema, anche in Russia ci sarà stata una restrizione ulteriore delle possibilità di accesso ai sistemi informativi stranieri. Sono cose note, così come è noto l’uso della propaganda come mezzo di ottenimento della dominanza: fa parte della dottrina strategica russa praticamente dall’inizio della Rivoluzione d’ottobre. Non è una cosa nuova, è nuovo vederla esplicarsi in modo così potente su internet.

Se vogliamo sintetizzare, i cinesi si difendono dalle notizie esterne, i russi, invece, usano la propaganda per condizionare l’opinione pubblica fuori dai confini?

Tradizionalmente questi sono i metodi con cui le due nazioni si approcciano al problema. La Cina fa anche notevole uso di propaganda verso l’esterno, ma la cosa per cui è più nota è questo controllo capillare dell’accesso a internet con sistema di censura abbastanza avanzati che fanno scomparire messaggi, pagine, cercano parole chiave. E questo è vero da sempre. Che le due nazioni abbiano queste inclinazioni strategiche è ben noto.

Se vado in Cina riesco a collegarmi un sito italiano o europeo? Come funziona materialmente questo Grande Fratello cinese?

È possibile collegarsi a siti di aziende, per quanto riguarda i siti informativi sono quasi tutti bloccati, se sono di stampa straniera. I social media o i siti dove ci sia uno scambio libero di opinioni sono tendenzialmente bloccati. Infatti esistono i corrispondenti cinesi: in Cina non si può accedere a whatsapp  ma si accede a wechat.

Hanno creato un sistema parallelo interno molto più controllabile?

Sostanzialmente sì.

Per i russi, invece, questa possibilità di accesso c’è?

C’era. C’è sempre stato anche lì qualche sito alternativo parallelo. Esiste ad esempio VKontakte, versione russa che è un misto tra Facebook e LinkedIn, però non mi risulta che ci fosse una così alta attenzione al blocco dei siti occidentali. Questo fino all’invasione dell’Ucraina, che si è portata dietro tutte le necessità di propaganda tipiche di un conflitto su larga scala.

Ma quali sono gli strumenti della propaganda russa?

È una cosa molto capillare. Ci sono state diverse inchieste sulle troll farm, gente pagata per connettersi ai social network e inserire commenti che vadano in certe direzioni oppure fare chiasso sotto i post invisi al governo russo.  Certo, non sono solo loro a fare propaganda, ma quella russa si esplica sotto tante forme. Compresi media tradizionali come Russia Today, un canale televisivo, adesso in buona parte bloccato dai Paesi occidentali, che ha sempre portato contenuti propagandistici mescolati con contenuti più normali. E la stessa cosa vale anche per le agenzie di stampa e i media tradizionali.

Invece sui social network?

C’è una propagazione di notizie e contenuti vari sui social di cui si conosce una buona parte dei meccanismi. Resta da analizzare quale impatto abbia avuto su eventi specifici, ma che abbia un impatto è indiscutibile.

Ci sono tentativi occidentali di creare canali informativi alternativi per i russi e i cinesi, una specie di nuova Radio Londra?

C’è l’equivalente esatto di Radio Londra che è Voice of America, finanziata dal governo americano, che trasmette in direzione dei Paesi che non sono democrazie liberali. E questo è vero non da ieri ma da 60 anni a questa parte. Su internet ci sono osservatori occidentali che cercano di tracciare queste attività di disinformazione. Ce n’è uno interessante dell’Unione Europea, un account Twitter che si chiama Eu vs Disinfo, che traccia tutte le operazioni di disinformazione e propaganda twittando correzioni. Fanno uno screen shot di un video che sta girando e inseriscono tutte le informazioni corrette relative, cercando di far capire quando si è oggetto, appunto, di disinformazione e propaganda. Che è l’unico antidoto che possiamo avere: educare le persone a filtrare i contenuti.

Ma questo non vale solo per i contenuti russi e cinesi, giusto?

Vale in generale, in particolare verso le operazioni di disinformazione che hanno per oggetto l’Unione Europea. C’è un’unità controllo disinformazione che è gestita dalla Nato, però, ovviamente, si occupa soprattutto di propaganda e disinformazione russa e cinese. Ma ci sono vari enti che cercano di fare questo.

Quanto può essere capillare questo controllo?

Il punto è che la quantità di “rumore” circolante su internet è ovviamente molto alta e paradossalmente, in particolare per la dottrina della propaganda russa, non è detto che proporre visioni contrastanti delle diverse situazioni sia negativo. Uno degli elementi base della dottrina della propaganda russa è quello della cosiddetta demoralizzazione: consiste nel rendere le persone incapaci di distinguere quale sia la realtà dei fatti e convincerle che in fondo non la conosce nessuno, perché tutti mentono. È una posizione che ormai la popolazione occidentale, almeno in parte, sposa. Questo è esattamente l’effetto desiderato dello step 1 della dottrina di propaganda di Gerasimov. Una dottrina che viene da quella del Kgb, non è una cosa nuova.

L’arma della propaganda, insomma, la usano ampiamente?

Sì, anche perché è una delle armi per cui non esistono norme internazionali che reggano. È accettata, è un dato di fatto.

Siamo attaccati e non ci accorgiamo di esserlo?

Non ci accorgiamo di essere vittime della pubblicità normalmente. Pensiamo che non ci faccia né caldo né freddo. La verità è che se fosse vero le aziende non spenderebbero così tanto in pubblicità. La propaganda fa sempre effetto, anche se la riconosciamo e pensiamo di riuscire a gestirla. Ovviamente fa effetto in maniera diversa a seconda dei filtri e delle barriere che le persone hanno.

La Cina è in forte espansione globale, il blocco di internet, anche se non vale dal punto di vista commerciale, non stona con questa tendenza?

Certo, e la non è un caso che la Cina, proprio a causa della sua espansione e del miglioramento economico, da un certo punto di vista presenti i primi scricchiolii nella struttura di potere del partito unico. I cittadini diventano più educati, un po’ più cosmopoliti, iniziano a viaggiare verso l’estero. Va bene che sono sottoposti alla propaganda, ma qualche idea diversa forse comincia a circolare.

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