Come sappiamo i giudici si sono dovuti adattare ai cambiamenti della società e a quanto è previsto dalla legge in caso di convivenza di fatto.
Convivenza di fatto: “quasi” gli stessi diritti e doveri
In caso di convivenza due persone gestiscono la propria vita come se fossero unite in matrimonio, condividendo lo stesso tetto e adempiendo agli stessi obblighi. Questo ha indotto una coppia credere che, in caso di scioglimento della coppia di fatto, si potesse parimenti godere anche degli stessi benefici fiscali, ad esempio l’esenzione dell’imposta di bollo e di registro prevista dall’articolo 19 della legge 74/1987. Precisamente questa legge, all’articolo 19, prevede che i provvedimenti relativi allo
“scioglimento del matrimonio e alla cessazione degli effetti civili dello stesso sono esentati dall’imposta di bollo, di registro e di ogni altra tassa“.
Convivenza di fatto: il veto dell’Agenzia delle entrate
Una coppia di fatto ha dunque pensato di poter fare ricorso a questa legge poiché la convivenza è nell’uso è nella giurisprudenza equiparata (in buona parte) al matrimonio. Eppure non è sempre così.
La convivenza di fatto, benché passata sub iudice, pur potendo godere dei medesimi diritti di una coppia unita in matrimonio, per l’Agenzia delle entrate non hanno le stesse esenzioni.
L’Agenzia delle entrate ha immediatamente posto il suo veto con l’interpello numero 244 del 2022, dove osserva che gli “articoli 316 e 337 bis del codice civile”, richiamati nell’istanza di interpello e posti a fondamento del ricorso presso il tribunale, riguardano rispettivamente:
“la responsabilità genitoriale e l’esercizio delle responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all’esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori dal matrimonio“.