Chi vince festeggia, gli altri spiegano. Una tra le frasi più famose dell’allenatore Julio Velasco si presta bene per la COP29 che rappresenta le Olimpiadi del multilateralismo climatico. Le due settimane che hanno visto convergere su Baku la diplomazia climatica di 196 Paesi sono riassunte nel testo dell’accordo letto (fuori tempo massimo) dal suo Presidente di turno Mukhtar Babayev all’alba di domenica. L’accordo non ha tradito le basse attese e si risolve in un disordinato compromesso che non fa neppure riferimento a limitare l’aumento delle temperature medie globali entro gli 1,5° C al di sopra dei livelli preindustriali.
Nessuno ha davvero festeggiato, mentre ci si è sforzati a spiegare come la finanza climatica abbia comunque portato a casa un risultato. È stato confermato nel testo del New Collective Quantified Goal l’obiettivo di mobilitazione complessiva di 1.300 miliardi di dollari entro il 2035 per aiutare i Paesi in via di sviluppo, tra i più colpiti dal cambiamento climatico ma che meno vi contribuiscono, a mitigare e adattarsi al cambiamento climatico con fondi pubblici e privati. Tuttavia, da subito solo 300 miliardi saranno erogati sotto forma di sovvenzioni e prestiti a basso tasso di interesse da parte delle economie più ricche con un percorso storico emissivo cumulato tra i più elevati. Sebbene i fondi siano triplicati rispetto agli impegni presi durante le COP precedenti, e siano stati ottenuti cinquanta miliardi in più rispetto alle bozze circolate durante i lavori, l’accordo si è chiuso con 200 miliardi in meno rispetto alle richieste iniziali dei Paesi destinatari.
Questa COP sarà ricordata per aver definito, con 9 anni di ritardo, le regole di scambio del mercato globale dei crediti di carbonio, noto nel gergo dei delegati come gli articoli 6.2 e 6.4 degli accordi di Parigi. Il sistema di compensazione volontaria si fonda sul principio che una tonnellata di CO2 risparmiata è una tonnellata di gas serra in meno non importa dove. L’importante è farlo, in fretta e al minor costo marginale di abbattimento. Un mercato mondiale della CO2 su base volontaria offre la possibilità ai Paesi di scambiarsi “risultati di mitigazione a livello internazionale”. Per esempio, supponendo che attori privati o istituzioni pubbliche finanzino un piano di riforestazione in Indonesia oppure un impianto solare su larga scala in Ghana, il Paese finanziatore e il Paese beneficiario potranno modificare rispettivamente i propri obiettivi di nazionali di decarbonizzazione: in base alle compensazioni per il finanziatore e delle riduzioni dirette per il beneficiario. Inoltre, affiancare al sistema obbligatorio di pricing del carbonio, rappresentato dal mercato dei permessi ETS in Europa o carbon tax in altri posti, un sistema di scambi di crediti di CO2 significa potenziare gli strumenti di compensazione globale in vista di un’accelerazione della decarbonizzazione.
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