Mentre sullo sfondo la Russia minaccia di interrompere la fornitura di gas all’Occidente, l’Italia valuta di “scaricare” Vladimir Putin. L’ipotesi, che non è al momento sul tavolo del governo, è comunque al vaglio. Era importante, infatti, verificarne la fattibilità. Dalla nuova relazione del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) sulla sicurezza energetica emerge che si può abbandonare il gas russo, anche se non sarà facile riuscirci in tempi rapidi, visto che vanno sostituiti 30 miliardi di metri cubi annuali di gas. Per questo è stata elaborata una tabella di marcia. Si deve procedere per step, partendo dal gas naturale liquefatto (gnl), la «prima risorsa da privilegiare» secondo il Copasir. Al momento rappresenta il 13% delle forniture energetiche, tramite i rigassificatori di Panigaglia, Livorno e Cavarzere. Arriva soprattutto dal Qatar (70%), poi da Algeria (14,5%) e Usa (8%).



L’obiettivo è potenziare le capacità ricorrendo a unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione (Frsu) per portare l’immissione di gas da 16 bcm a 24 bcm in due anni. Per quanto concerne invece la rigassificazione onshore, vanno potenziate le centrali di Piombino, Panigaglia e Cavarzere, incrementando di circa 20 bcm le capacità in 3-4 anni. Ne servono 4-5 invece per raddoppiare il gas che scorre nel Tap, il gasdotto che porta il metano dall’Azerbaijan in Puglia. Nel report si legge che si arriverà da 10 a 20 bcm. Entro 4 anni invece dovrebbe concludersi la costruzione del gasdotto Eastmed, che porterebbe il metano da Israele.



COPASIR: COME FARE A MENO DEL GAS RUSSO

Per il Copasir ci si può liberare dal gas russo, ma serve tempo. Lo si può usare per costruire un gasdotto attraverso la Francia e la Spagna, visto che quest’ultima, pur avendo un’ottima capacità di rigassificazione, non ha una rete efficiente per trasportare il gas in Francia e quindi nel resto d’Europa. Ma con un nuovo gasdotto offshore da Barcellona a Livorno l’Italia potrebbe «incrementare i livelli di gas provenienti dal territorio algerino, accrescendo il proprio raggio di azione nell’area mediterranea e ponendosi quale canale privilegiato di nuove rotte del gas». Secondo il Copasir, il governo Draghi dovrebbe puntare anche su Iran e Turchia. Quest’ultima «può divenire un grande hub per il gas nel bacino del Mediterraneo», quindi l’Italia dovrebbe condividere «una politica energetica fondata su una nuova partnership strategica». Per quanto riguarda l’Iran, viene definito dal Copasir «un partner di primo piano» con cui il nostro Paese «ha ottime relazioni commerciali» e sarebbe un «ulteriore sbocco alternativo per il reperimento del gas in sostituzione di quello russo».



Ma un ruolo importante lo ha anche l’Unione europea che deve adottare «un piano di sicurezza energetico europeo» e attivare un piano di «stoccaggio comune». Oltre a opporsi al “ricatto” della Russia che chiede il pagamento in rubli del gas, deve fermare le speculazioni e contrastare la stratificazione dei costi di trasporto, oltre che adottare un tetto al prezzo del gas. In parallelo il governo italiano deve semplificare le norme che regolano il settore energetico e snellire le procedure. Ad esempio, svincolando il Piano di sviluppo di Terna dalla Valutazione ambientale strategica (Vas) e semplificando le procedure per i sistemi di accumulando per «aumentare così la capacità di stoccaggio». Il Copasir detta la linea, avvertendo: il rischio di un inverno al freddo per il 2022-2023 è concreto. Per scongiurarlo va aumentato il livello di stoccaggio del gas, quindi deve scendere in campo lo Stato.

COSA SUCCEDE SE RUSSIA FERMA FORNITURE

E se la Russia ferma subito le forniture, cosa succede all’Italia? La prossima scadenza di pagamento per il gas fornito da Gazprom è prevista dalla seconda metà di maggio. Lo scenario di un blocco del gas russo è concreto secondo il Corriere della Sera, che cita due fonti governative secondo cui stanno per arrivare al Consiglio dei ministri le simulazioni di uno studio del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani per l’azzeramento delle forniture di gas dalla Russia «assumendo diversi momenti di interruzione», «già tra maggio e giugno». L’Italia attualmente è in stato di pre-allarme, ma se Mosca fermasse l’esportazione del gas, c’è il rischio di un razionamento, di distacchi programmati con black out della corrente elettrica e tagli alle erogazioni di gas per uso industriale o per uso civile. Si sta già lavorando col decreto energia alla riduzione dei consumi energetici a partire dagli uffici pubblici, ma si potrebbe arrivare con un eventuale stop al gas di Mosca al distacco delle utenze industriali.

Bisognerà fermare poi una pratica inusuale. Nelle scorse settimane alcuni operatori nazionali hanno esportato gas verso il Nord Europa a prezzi superiori sull’hub olandese TTf rispetto a quelli del Punto di scambio virtuale italiano. Si parla di decine di milioni di metri cubi di gas usciti dall’Italia, che però avrebbero fatto comodo alle riserve nazionali. Per incentivare il riempimento, una recente delibera dell’Arera ha introdotto «un premio di 5 euro a megawattora per incentivare operatori come Eni, Enel, Edison e alcuni intermediari a partecipare alle aste per gli stoccaggi scivolate a marzo a prezzi negativi (si pagavano gli operatori perché li riempissero) e nonostante questo andate deserte».