La Coppa Davis 2019 non è ancora terminata, ma dubbi e domande sono già di attualità: la rivoluzione voluta da Kosmos Holding, che ha affiancato la ITF nella creazione della nuova formula del torneo, ha convinto poco e fatto pensare (almeno a chi scrive) che forse, sotto sotto, quanto si è visto fino allo scorso anno non fosse poi così male. Intendiamoci: la Coppa Davis nel corso della sua storia ultracentenaria ha cambiato faccia in più di un’occasione. Sono pochi, pochissimi, quelli che oggi ricorderanno le eroiche finali interzona a Wimbledon o al Roland Garros, quando i nomi dei campionissimi erano Don Budge e Gottfried Von Cramm (e ancora prima Bill Tilden) e naturalmente i Quattro Moschettieri francesi capitanati da Jean Borotra e René Lacoste; decisamente di più chi avrà in mente la maglia rossa dell’Italia a Santiago, uno schiaffo al regime di Pinochet e l’insalatiera sollevata. La Davis moderna aveva portato una sorta di equilibrio, un tabellone ad eliminazione diretta con sottocategorie e un sistema di promozioni e retrocessioni; complesso se vogliamo, ma una volta districato l’ingranaggio la comprensione era lineare. Oggi lo è ancora di più: dal primo turno si formano i gironi che sono sei, le prime e le due migliori seconde volano ai quarti e da lì è dentro o fuori. C’è un problema, tuttavia: per definire le migliori seconde è necessario, non per forza ma facilmente, andare a contare il numero di set vinti e persi e magari anche i game. Questo non solo toglie “pepe” a certe partite (esempio: il giocatore del mio Paese vince 6-4 al terzo set, posso esultare per la qualificazione o devo fare calcoli in tempo reale e magari aspettare il giorno seguente?); c’è anche il caso, come successo in Australia Belgio, che una sfida già in archivio (sul 2-0) porti a non giocare il doppio, con conseguente 6-0 6-0 a favore dell’avversario. A tavolino viene stravolto tutto il conteggio: l’Italia era eliminata ancora prima di giocare il doppio, il fatto che anche senza il forfait australiano sarebbe arrivata l’esclusione dai quarti non cambia certo un regolamento assolutamente da rivedere (e che potrebbe portare a decisioni ragionate a freddo circa l’opportunità di non giocare per togliere di mezzo un avversario scomodo).
COPPA DAVIS 2019: SE LA DURATA ERA UN PROBLEMA…
In più, nei giorni dei gironi di Coppa Davis 2019 abbiamo assistito al paradosso: una delle novità introdotte da Kosmos e ITF è quella dei match sulla distanza dei tre set e delle sfide che si vincono con due partite su tre. Giocare al meglio dei cinque set e dover vincere tre match era troppo, creava giornate interminabili, toglieva attenzione. Bene: mercoledì l’Italia avrebbe dovuto iniziare la sfida contro gli Stati Uniti alle 18:00, in apertura della sessione serale. Peccato che giocando in un’unica sede un totale di 18 match al giorno i campi siano limitati: il doppio di Argentina Germania è finito con tre tie break, l’ultimo dei quali chiuso sul 20-18. Conseguenza, Fabio Fognini e Reilly Opelka hanno iniziato a giocare con due ore e mezza di ritardo, il doppio (già inutile) si è concluso praticamente all’alba. Il punto è che stavolta contava poco e niente, ma in un futuro una partita in piena notte potrebbe essere decisiva: realisticamente, quanti appassionati sarebbero disposti a fare le ore piccole? Inevitabilmente qualcuno ci sarà, ma scordiamoci di andare a pescare chi di norma il tennis non lo segue e magari capita per caso sul canale giusto. Ora, l’idea di ridurre gli appuntamenti annuali può essere vincente (effettivamente riunire le fasi finali in una settimana è intelligente, soprattutto pensando alla fitta stagione Atp) ma forse si potrebbe pensare ad una scrematura di fondo in modo da arrivare alle Finals con meno nazionali. Non solo: a gennaio scatterà la nuovissima Atp Cup e Rafa Nadal ha già espresso i dubbi (da rappresentante del consiglio giocatori Atp) circa la presenza di due tornei simili a distanza di un mese. “Spero che ITF e Atp lavorino insieme per fonderli in un unico appuntamento” ha detto, e non ha tutti i torti. Tutto è migliorabile, e sicuramente anche questa Coppa Davis: senza volerci addentrare nel problema del forfait da parte dei big (tornei più importanti, perdita dei montepremi, posizioni nel ranking e via discorrendo), la prima esperienza del secolare torneo ha mostrato qualche crepa di troppo. Aspettando ovviamente di sapere chi sarà a vincere…