Il numero di italiani che ricorre alla pratica della gravidanza surrogata è in continuo aumento, anche grazie alle sentenze giurisprudenziali, che sono sempre più orientate a tollerare il fenomeno nonostante il divieto vigente in Italia. Di fatto, i tribunali italiani non hanno giurisdizione per sanzionare atti compiuti all’estero in totale legalità. Molti i paesi al mondo infatti che permettono la maternità surrogata. Stiamo parlando di coppie etero. Ancor più complicato per le coppie omosessuali, sulle quali anche qui diversi tribunali hanno sorvolato permettendo l’iscrizione del figlio avuto all’estero da una madre surrogata. Eri un mese fa invece la sentenza della Corte europea dei diritti umani che dice che invece i bambini nati da gravidanza per altri possono essere trascritti all’anagrafe e adottati. In sostanza, la madre non biologica può riconoscere il figlio partorito da un’altra donna con la surrogazione di maternità. “Il diritto al rispetto della vita privata del bambino richiede che la legge offra una possibilità di un legame di filiazione tra il bambino e la madre d’intenzione”, scrive il Tribunale in un parere consultivo, che è valido per i quarantasette Stati del Consiglio d’Europa. Nel dire questo però la Corte dice che non è obbligatorio iscrivere il bambino all’anagrafe, basta l’adozione del bambino stesso da parte della madre di intenzione.



COPPIE OMOSESSUALI

Giunge adesso una sentenza della Cassazione italiana che dice che le coppie omosessuali che hanno avuto un figlio all’estero con la maternità surrogata non possono ottenere in Italia la trascrizione all’anagrafe. La Cassazione però, come la Corte europea, lascia libera la strada dell’adozione: “ “non può essere trascritto nei registri dello stato civile italiano il provvedimento di un giudice straniero con cui è stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero mediante il ricorso alla maternità surrogata ed un soggetto che non abbia con lo stesso alcun rapporto biologico, il cosiddetto genitore d’intenzione”. Il caso riguardava il riconoscimento di due minori concepiti da uno dei componenti della coppia omosessuale “con il ricorso alla procreazione mediamente assistita con la collaborazione di due donne, una delle quali aveva messo a disposizione gli ovociti, l’altra aveva invece provveduto alla gestazione”. La Corte, si spiega in una nota, ha ritenuto che il riconoscimento del rapporto di filiazione con l’altro componente della coppia “si ponesse in contrasto con il divieto della surrogazione di maternità”, previsto dall’articolo 12, comma sesto, della legge 40 del 2004 in materia di procreazione assistita, “ravvisando in tale disposizione un principio di ordine pubblico, posto a tutela della dignità della gestante e dell’istituto dell’adozione”.

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