Recentemente la Società italiana dei pediatri (Sip) ha pubblicato nel numero di giugno della sua rivista, Pediatria, una revisione di alcuni studi sull’impatto per i bambini di crescere in una coppia gay. Un lungo articolo che si prefigge lo scopo di smentire eventuali impatti negativi sui bambini, prendendo come base empirica alcuni studi pubblicati negli anni passati dall’American psychological association (Apa).



Secondo la rivista, grazie agli studi citati si può escludere “la presenza di qualsiasi danno disfunzionale per i figli” causato dal crescere in una coppia gay, così come “altri studi hanno documentato che le coppie omosessuali non hanno influenze negative di alcun tipo sullo sviluppo dei propri figli“. Insomma, per dirla in altre parole, genitori dello stesso sesso non creerebbero alcun deficit nei bambini, pertanto la conclusione è che “l’omogenitorialità non è di per sé un ostacolo alla possibilità di assicurare una crescita adeguata e sana dei propri figli“. La tesi sui figli delle coppie gay, peraltro, va contro le parole dell’ex presidente della Società dei pediatri, Giovanni Corsello, il quale affermò che “non si può negare, sulla base di evidenze scientifiche e ragionamenti clinici, che una famiglia costituita da due genitori dello stesso genere può costituire un fattore di rischio di disagio durante l’infanzia e l’adolescenza.



La Verità: “Gli studi sulle coppie gay citati dai pediatri sono fallaci”

Insomma, lo scopo dello studio era quello di dimostrare, in maniera empirica, che i bambini che crescono in coppie gay non vanno incontro a nessun problema di sviluppo. Eppure, citando il report della Sip, il quotidiano La Verità ha anche rilevato come la maggior parte degli studi utilizzati e presi in esame, siano stati progressivamente smentiti per via di diversi, importanti, vizi nella forma o nella metodologia applicata.

Fu, per esempio, il sociologo Loren Marks a sostenere che 59 studi dell’Apa, usati come base per sostenere le coppie gay, “non sono empiricamente giustificati“. Questi, infatti, si basavano su campioni troppo piccoli o non rappresentativa, talvolta viziati dalla “selezione di convenienza” (ovvero l’utilizzo esclusivo di campioni fini a confermare la propria tesi) o privati di gruppi di confronto, pieni di contraddizioni e senza alcun tipo di proiezione a lungo termine. In uno degli studi sui figli delle coppie gay, inoltre, venne riconosciuto un pagamento per la compilazione di questionari, poi scartati in larga parte (partendo da 259, se ne usarono solamente 154, ovvero il 59,5%). Un altro, invece, venne addirittura annullato dal tribunale della Florida per “mancanza di imparzialità“.