La Roma fallisce la prima delle cinque finali che valgono la stagione. E molto probabilmente il futuro nella Capitale di Luis Enrique e di quel tanto sbandierato Progetto americano che sembra legato a filo doppio al destino del tecnico asturiano. La sentenza di Udine è di quelle pesanti, che fanno male davvero. La Roma gioca un primo tempo non da Roma: baricentro basso, terzini bloccati, attenzione alla fase difensiva, poco possesso palla. Risultato: poco spettacolo ma nessun pericolo dalle parti del portiere Stekelenburg. E in attacco almeno due palle gol, l’ultima allo scadere del primo tempo con Pjanic, che ha quasi del clamoroso. Nel secondo tempo cambia la musica. La Roma rientra in campo più tonica, e “finalmente” gioca da Roma: possesso palla, terzini che spingono, difesa alta, pressing a tutto campo. Risultato: partita piacevole, la squadra di Luis Enrique ha il pallino in mano, ma subisce i contropiedi dell’Udinese. E proprio da una ripartenza dei friulani arriva il più classico dei gol di Totò Di Natale che ammazza la partita. La seconda rete di Isla a partita ormai finita, sempre a coronamento di un’altra azione di contropiede. Dicevamo appunto che la sentenza è pesante e l’analisi a questo punto della stagione è di quelle ch non lasciano scampo. Il gioco spettacolare, per capirci “alla Barcellona”, di Luis Enrique è esportabile in Italia? Ha senso ed è praticabile coi giocatori dell’attuale rosa? Sono domande legittime, che in questo momento si staranno facendo anche Walter Sabatini e Franco Baldini rimasti impietriti sulle tribune dello Stadio Friuli. I due dirigenti giallorossi sono i più strenui difensori del tecnico spagnolo. Lo hanno scelto, lo stimano umanamente e professionalmente. A lui hanno legato i loro destini e la rifondazione della Roma. Una scelta coraggiosa, che a volte, come in questi momenti, spaventa e pare anche un filino avventata. Per non dire irresponsabile. Ma è anche una posizione affascinante, una filosofia di vita. E su questa filosofia il team di Tom Dibenedetto sta scommettendo tutto. Nel rapporto con la città di Roma, con una tifoseria calda e passionale, ma anche esagerata e instabile. E’ come giocare col fuoco, nel vero senso della parola. Per ora la situazione si regge su un equilibrio esilissimo, inaspettato che ha quasi del miracoloso. Ma quanto ancora durerà questo idillio tra la Roma americana e i suoi tifosi? Purtroppo questo non è dato a sapere e più si va avanti più il giochino si fa pericoloso. Soprattutto alla luce delle prossime quattro partite che si giocheranno prima della pausa natalizia. Tre trasferte contro Fiorentina, Napoli e Bologna e una gara in casa, all’Olimpico, contro la Juventus. Un mini ciclo che fa paura contro avversarie indigeste al gioco di questa Roma. Ma vi immaginate la retroguardia giallorossa al San Paolo di Napoli fronteggiare i contropiedi di Lavezzi, Hamsik e Cavani? E al Franchi di Firenze contro il gioco armonioso e d’attacco di Delio Rossi? E in casa, a Roma, contro la Juventus tutti muscoli, corsa e aggressività? Forse giusto a Bologna i ragazzi di Luis Enrique possono provare a fare risultato, ma occhio alla fame di vittorie della squadra di Pioli che lotta per non retrocedere. Se la Roma arrivasse a Natale con soli 1, 2 punti raggranellati come la metteremmo con la piazza? Quale sarebbe a quel punto il clima di uno spogliatoio super affollato dove già oggi si contano i tanti musi lunghi esclusi dal progetto dell’asturiano? Un progetto, come sentiamo giustamente ripetere, ha bisogno di tempo ma anche di fiducia e di risultati senza i quali diventa tutto più tremendamente difficile. Purtroppo però questa…
Squadra è stata costruita su un grande sogno. Mettere fine anzitempo a questo sogno vorrebbe dire dover ripartire nuovamente da zero. Ma non sarebbe possibile. Perché gli americani, Baldini, Sabatini, Luis Enrique, sono stati messi insieme da questo sogno, è intimamente e profondamente loro, coincide col il loro essere. Senza questo sogno non esistono loro e non esiste la Roma americana. Tolto questo sogno, rimangono solo gli incubi dell’era Sensi.
(Claudio Franchini)