Ci eravamo lasciati con i “tre” punti di incoraggiamento assegnati alla Roma di Dibenedetto e Luis Enrique dopo la sconfitta interna col Cagliari nella speciale classifica di “Core de Roma”. La trasferta a Milano, terminata con un pareggio a reti inviolate, regala altri “tre” punti alla Roma. Questa volta molto più convinti e meritati.
Il complimento più bello all’AmericanRoma è arrivato sabato sera da un vecchio tifoso nerazzurro, tal Michele, che sull’autobus che porta da piazzale Lotto a San Siro cercava di spiegare a due suoi amici la differenza tra la Roma e l’Inter: “Vedete, loro hanno un progetto, un allenatore che ha un’idea di calcio vincente (in Spagna) e lo difendono. Hanno preso giovani forti (anche se poi bisogna vedere in Italia) e vogliono portare avanti una rifondazione a 360°. Noi invece non si capisce cosa vogliamo fare, Gasperini è già stato scaricato, non gli hanno fatto campagna acquisti (come con Benitez) e abbiamo venduto un giocatore, Eto’o, che una grande squadra non vende a nessun prezzo”.
Quel tifoso dell’Inter ha ragione: il tesoretto della nuova Roma è quel Progetto che il maestro Luis Enrique ha cercato di esaltare nella Scala del calcio. E lo ha fatto con una terapia d’urto. Aveva bisogno di dare una scossa alla sua squadra. L’AmericanRoma c’è, anche il pubblico dell’Olimpico lo aveva capito dopo la sconfitta col Cagliari. Ma siamo ancora in una fase embrionale. Sembra di vedere il gioco del Barcellona alla moviola. Manca velocità alla manovra, c’è troppa timidezza nell’approccio alla gara.
Ed ecco allora che il mister ha deciso proprio contro l’Inter di proporre uno schieramento shock, con Taddei e Perrotta terzini. Due giocatori che negli ultimi cinque anni hanno giocato sempre da centrocampisti offensivi, ottenendo in quel ruolo le loro maggiori fortune. Il brasiliano era già stato testato in difesa, a sinistra, durante il ritiro precampionato prima che la Roma acquistasse Josè Angel. Perrotta, invece, mai aveva giocato in quel ruolo, nemmeno in una partitella tra amici. E ha saputo di subire questa mutazione “genetica” solo un’ora prima della gara. Quello scienziato pazzo di Luis Enrique ha voluto così dare un avvertimento ai suoi, fargli capire che devono entrare in campo per attaccare (sempre) e occupare la metà del campo avversaria.
Ha messo due giocatori, Taddei e Perrotta, che sono abituati ad offendere, per vocazione, e che quindi hanno inevitabilmente fatto salire la squadra. Una scelta rischiosa, ma stavolta lo spagnolo ha voluto usare le maniere forti coi suoi. E sembra esserci riuscito. In fase di attacco Perrotta e Taddei hanno giocato da centrocampisti aggiunti insieme a Pizarro e Pijanic, De Rossi è arretrato al centro della difesa affiancato da Burdisso, mentre l’altro centrale di difesa, Kjaer, è andato a coprire il lato destro lasciato sguarnito da Taddei.
In avanti Totti al centro e Osvaldo e Borini ai lati (pronti ad accentrarsi). La Roma ha espresso il meglio di sé ad inizio gara e a inizio ripresa. Il gioco che vuole Luis Enrique richiede grande concentrazione. La squadra deve rimanere compatta e fare i giusti movimenti. Quando c’è la concentrazione i movimenti vengono fatti alla perfezione, anche se in modo ancora un po’ troppo scolastico e alla lettera.
Sono bastate due interruzioni di gioco, una per l’infortunio al portiere Stekelenburg nel primo tempo e l’altra per una sostituzione dell’Inter nel secondo tempo a “deconcentrare” i giocatori e ad allungare la squadra. Su questo aspetto mentale bisognerà lavorare ancora molto. Si è vista un’ottima organizzazione del pressing, sistematico, fatto a rotazione dagli attaccanti coadiuvati a turno da due centrocampisti che andavano ad attaccare il portiere e i difensori. Spesso questa situazione di gioco ha costretto l’esperta retroguardia nerazzurra a sporcare facili appoggi. Sarà divertente capire però se questo pressing, col passare delle gare e col crescere della condizione fisica, riuscirà a essere praticato più di 20-30 minuti a partita.
Di certo quando ha funzionato ha permesso alla difesa di salire sulla linea del centrocampo andando a creare densità in mezzo al campo e superiorità numerica.
La Roma infatti ha chiuso col 53,5% di supremazia territoriale e con il quasi 55% di possesso palla. E’ mancato il gol, l’unica rete segnata in quattro gare ufficiali è quella di Perrotta contro lo Slovan Bratislava. La critica romana non ha perso tempo e continua a processare una volta Totti, un’altra Borriello. Hanno praticamente già decretato la morte sportiva di Bojan e Osvaldo. Il problema però non sono i singoli giocatori, quelli sono di valore assoluto e presto lo dimostreranno. E’ un problema di gioco. Il possesso palla c’è, ma è ancora troppo lento: i centrocampisti fanno tre tocchi invece che uno, massimo due. Così facendo non permettono agli attaccanti di liberarsi e di fare i loro inserimenti. Con più confidenza e allenamento anche questi meccanismi arriveranno e con loro anche i gol. Magari già dalla gara di giovedì in casa contro il Siena.
(Claudio Franchini)