Bastava osservare il volto di Tom Dibenedetto a fine partita per capire che la situazione in casa Roma comincia a farsi preoccupante. Non solo per i miseri 2 punti raggranellati nelle prime tre giornate (con squadre modeste) ma per l’involuzione di gioco mostrata ieri sera in campo. Soprattutto dopo la buona prova di San Siro che faceva presagire ad una immediata svolta e consacrazione davanti al pubblico di casa. Magari con una bella e convincente vittoria. Ma di bello e convincente contro il Siena non si è visto proprio nulla e alla fine non è arrivata nemmeno la vittoria. La partita di ieri è uno spot contro il calcio. Uno spettacolo noioso, inguardabile. Pensate al povero Tom, americano, abituato a concepire e a vivere lo sport innanzitutto come divertimento. La Roma è scesa in campo contratta, sembrava impaurita. I giocatori hanno provato da subito a imbastire il possesso palla predicato da Luis Enrique ma lo hanno fatto in modo sterile, troppo scolastico. Il pallone stagnava a metà campo in un’orgia infinita di passaggini senza senso. Il risultato è stato una sorta di “torello” alla moviola. Unica nota tattica apprezzabile, il contropiede ben organizzato del Siena, sempre pronto a ripartire con Franco Brienza ed Emanuele Calaiò che per fortuna della Roma sono riusciti a sbagliare anche l’impossibile. Ora il più preoccupato è proprio Luis Enrique e fa bene ad esserlo. Nonostante le tante ore di addestramento, l’impegno e il coinvolgimento dei sui giocatori, Daniele De Rossi e Francesco Totti in testa, la squadra non riesce ad eseguire i movimenti provati in allenamento. E’ vero, il gioco stile-Barcellona non è facile da digerire e, a detta di Pep Guardiola, non lo si impara in 15 giorni. Ma è anche vero che dopo un mese e mezzo di lavoro si dovrebbe intravedere un qualche miglioramento. E invece sembra che la squadra non riesca a mandare a memoria le indicazioni del tecnico. I giocatori quando prendono palla si fermano e pensano a cosa devono fare. Con il risultato di rallentare la manovra e non permettere agli attaccanti di liberarsi dalla marcatura degli avversari. Il problema di gioco è anche un problema di uomini. David Pizarro a centrocampo è una zavorra e lo ha dimostrato anche ieri sera. E’ troppo innamorato della palla. Molto meglio Fernando Gago, subentrato nel secondo tempo, che ha fatto vedere grande personalità sia in fase di manovra che di copertura. Marco Borriello è un pesce fuor d’acqua. Tanto impegno, disponibilità al sacrificio nei compiti di pressing alto e di copertura, ma a un attaccante del suo calibro è chiesto di essere pericoloso davanti alla porta e di segnare. Nella posizione defilata di attaccante esterno proprio non ci riesce. Molto meglio…
…Osvaldo che anche ieri ha mostrato grandi progressi, gol a parte (frutto di una casualità). Per l’italo-argentino buona tecnica, ottime progressioni palla al piede, contributo costante alla azione difensiva. Manca ancora un po’ di cattiveria, di sano egoismo e di concretezza di davanti alla porta. Due invece le piacevoli conferme: Josè Angel, il terzino che ricorda molto un certo “pendolino” Cafù, e Simon kjaer, letteralmente mostruoso. A soli 22 anni dimostra di saper stare in campo da veterano, salva il risultato come a San Siro, ed è sempre in anticipo sull’avversario. E ad ascoltare Sabatini il giovane danese ha ancora ampi margini di miglioramento. Meno bene Nicholas Burdisso che nei minuti finali di maggior pressione non è riuscito a far salire la squadra come gli chiedeva Luis Enrique. Una nota di merito va a Totti e De Rossi che instancabilmente hanno corso per 90’ minuti, caricandosi la squadra sulle spalle. Un esempio positivo (soprattutto per i più giovani) e che lascia ben sperare, ma è legittimo chiedersi se non sia meglio risparmiare Totti dai compiti di pressing e di copertura per averlo più lucido e decisivo negli ultimi undici metri di campo. A volte vien da pensare che basterebbe fare due/tre varianti al “sacro” modulo e inserire gli uomini giusti al posto giusto per iniziare a volare.