Un compitino. Niente di più questa vittoria della Roma in casa contro un Parma troppo brutto e scarso per procurare veri patemi ai giallorossi. Eppure, fino all’ultimo secondo, all’Olimpico aleggiava quell’aria da beffa finale, e per poco non era proprio l’ex Okaka a causare un dispiacere. Alla fine di questa ennesima prova deludente rimangono i tre punti in più in classifica che fanno morale ma che aumentano ancor di più i rimpianti per una Roma che, ad oggi, avrebbe potuto trovarsi agganciata al terzo posto. Quello che più preoccupa è che dalla sfida col Siena al Parma di oggi non si sono registrati i miglioramenti che ci si aspettava. Almeno una maggior incisività, più compattezza di squadra e una maggior freddezza sotto porta. Però c’è da dire che la conferenza stampa di ieri di Luis Enrique non lasciava presagire nulla di buono. Il tecnico asturiano è apparso nervoso e arrabbiato. Non ha gradito l’atteggiamento dei suoi giocatori in allenamento. Li vede troppo “rilassati”, con poca fame e intensità. Non è ancora riuscito a trasmettere il suo carattere alla squadra. Questo è il suo cruccio maggiore. E domenica prossima c’è una di quelle trasferte che questa Roma proprio non riesce a digerire. Dopo le figuracce contro il Cagliari e il Siena (che oggi ne ha prese quattro dal Lecce…), è dietro l’angolo l’ennesima batosta contro l’Atalanta. La partita di Bergamo, più ancora del derby, sarà la vera ultima chiamata per capire se questa Roma merita di pensare in grande oppure se è destinata ad un campionato più anonimo, crogiolandosi nei propri limiti e nella propria malsana indolenza. Perché non basta guardarsi allo specchio e sentirsi dire che un giorno non lontano questa Roma sarà fortissima, dominerà in Italia ecc. Se ne sono sentite troppe di queste cavolate. L’unica consolazione è che a pronunciarle non sono i romanisti ma gli avversari. Sì, perché quelli della Roma non si accontentano dell’illusione di poter vincere un domani. Un progetto bello, affascinate e coinvolgente come quello american-spagnolo ha bisogno di certezze nel presente per poter programmare il proprio futuro. E’ un concetto che in settimana ha spiegato bene anche il ds Walter Sabatini: siamo giovani, ci sono tanti volti nuovi, un sistema di gioco innovativo ma nessuna di queste cose può essere accampata come scusante per giustificare un rendimento fino ad oggi scarso. Nella vita si va avanti ad obbiettivi, che poi sono quelli che ti creano gli stimoli per lottare, per provarci. Così anche nel calcio bisogna essere ambiziosi, quasi arroganti, sfrontati. E’ questo che i dirigenti, Luis Enrique in testa, chiedono ai loro giocatori. Ed è proprio l’ambizione di vincere che ha spinto Daniele De Rossi a legarsi a vita alla Roma. Lo ha spiegato bene Daniele: “non è stata solo una scelta di cuore ma di testa”. Lui sa che questa nuova Roma ha tutte le carte in regola per imporsi e per vincere. Bastava vederlo, oggi, contro il Parma dopo il…
…rigore negato alla sua Roma, protestare a fine primo tempo e ancora a fine partita per quella ingiustizia. Con gli occhi iniettati di sangue e la bava alla bocca. Perché De Rossi sa meglio di altri che per essere grandi un domani bisogna vincere oggi, anche contro il Parma.