Che dire. E’ abbastanza imbarazzante trovarsi, nel giro di soli tre giorni, a commentare una sconfitta pesante per 4 a 2 e una vittoria netta per 4 a 0. Dal nero al bianco, Dott Jeckyll e mr Hyde… E’ una tempesta di emozioni. Si passa dalla depressione più totale, “DISASTRO”, “Siamo lo zimbello del campionato” (alcuni degli sms transitati sul mio telefonino), a quell’estasi che sola dà la pace dei sensi. Cosa può essere cambiato nel giro di poche ore, tanto da aver trasformato un gruppo di brocchi nel Barcellona di Messi e Guardiola? Niente, direi. Ha solo nevicato a Roma come non accadeva dal 1985. Quindi, appunto, niente di razionale che si possa spiegare solo a parole. Sì, perché la vittoria con l’Inter vale quanto la figuraccia di mercoledì sera. La stessa cosa era accaduta i primi di dicembre con la disfatta di Firenze e subito dopo la quasi vittoria in casa con la Juventus. C’è chi dice che la Roma dei giovani abbia bisogno ogni tanto di un bello schiaffo per rimettersi a “studiare”. E a veder la partita di ieri con l’Inter pare che funzioni per davvero. Ma così può andar bene per vincere una singola partita, non per costruire qualcosa di importante in campionato. Per quello ci vuole continuità di risultati. Una qualità che per ora non appartiene alla banda di Luis Enrique. Gli stessi giocatori che ieri hanno umiliato l’Inter potrebbero tranquillamente prendere un’imbarcata tra 7 giorni in casa del Siena. Lo ha spiegato bene anche il tecnico asturiano: se i suoi non giocano al 100% non vincono. Il suo sistema richiede il massimo della concentrazione, dell’aggressività agonistica e della disponibilità al sacrificio di ogni singolo giocatore. Se tutto ciò non si verifica la sconfitta è assicurata. Un po’ come accadeva ai tempi di Zeman: la Roma passava da partite memorabili e divertenti a figuracce indicibili. Un ricordo dolce amaro quello del boemo: un godimento per i palati fini e per gli amanti dell’estetica, un mal di pancia per la classifica e i risultati. E infatti cosa fece alla fine Franco Sensi? Per vincere chiamò un certo Fabio Capello, l’esatto opposto di Zeman. La Roma americana non vuole solo stropicciarsi gli occhi davanti al bel gioco ma vuole anche vincere. E vuol farlo proprio con Luis Enrique, cioè anche attraverso il divertimento. Lo sappiamo, non è affatto semplice. Ci vuole tempo e tanta pazienza, la stessa che miracolosamente sta contagiando i tifosi della Roma. Ma il risultato, purtroppo, non è assicurato. Per crederci ci vuole un briciolo di pazzia e di arroganza, la stessa che ha avuto ieri il tecnico spagnolo quando ha messo in campo il giovane primavera Piscitella (convocato per scelta tecnica al posto di Perrotta!). Ci vuole la capacità di coltivare i sogni e di sostenerli concretamente, con un po’ di pragmatismo. Lo stesso che hanno i “nostri” americani e che ha permesso a…
…De Rossi di continuare a vestire la maglia della “sua” Roma, la cosa più bella (dopo la piccola Gaia) che ha sempre sognato e desiderato fin da quando era bambino.