La Roma supera il Palermo fuori casa. Non accadeva da ben cinque anni. Ma non è l’unica notizia di questa giornata, anche se aiuta a dare la giusta importanza al risultato finale. La Roma vista col Palermo è la migliore della gestione Luis Enrique, ancor meglio di quella corsara a Napoli o della cinquina col Cesena. Oggi scopriamo e ci gustiamo la Roma “operaia” dei Lamela, dei Borini, dei Totti e dei De Rossi, quella che cerca il risultato, lo difende coi denti e con le unghie per portare a casa i tre punti. Senza però rinunciare al gioco. Ma accettando umilmente che esiste anche l’avversario e che qualche volta bisogna saperlo contenere, aspettarlo, soffrire a testa alta senza scomporsi più di tanto e senza perdere la testa. E sottolineiamo che stavolta l’arbitro non è stato protagonista. Settimana scorsa, nel post derby, abbiamo deciso di non commentare. Troppa la frustrazione e il senso di ingiustizia per una “festa” rovinata dopo soli 5 minuti dal direttore di gara. Troppo grande il senso di impotenza per una stagione che sembra maledettamente irrimediabile. Non saremmo stati sufficientemente sereni nel giudicare i fatti, ma soprattutto non abbiamo voluto sovrapporre la nostra voce a quelle dei tanti, ormai troppi, “editorialisti” romani che ogni giorno intonano la loro marcia funebre nei confronti della società e di Luis Enrique. E lo fanno prevenuti, nel difendere vecchie rendite personali, senza rendersi conto che così fanno solo il male della Roma. Certo, il diritto di critica è sacrosanto e per i risultati che la Roma ha ottenuto in questa stagione è anche naturale e giusto porsi qualche domanda. Del resto anche noi ci siamo chiesti se i giocatori a disposizione di Luis Enrique siano adatti al suo gioco, se sia giusto essere così integralisti da raggiungere forme pubbliche di masochismo (vedi il caso De Rossi), oppure ancora se sia giusto tacere sulle sviste arbitrali. Ma un conto sono questi interrogativi, altro è insinuare di liti e dissapori nello spogliatoio, di insofferenze tra dirigenti e allenatore, di ammutinamento da parte di alcuni giocatori ecc. Facciamo un esempio su tutti, il più innocuo: cosa serve che un giornalista equilibrato ed esperto come Angelo Mangiante di Sky prima della partita col Palermo dica che molti giocatori della Roma avrebbero confidato (a chi? a lui?) che vorrebbero tornare al vecchio modulo con Totti prima punta, e che il rinnovo del tecnico asturiano sarebbe diabolico… Mangiante frequenta Trigoria tutti i giorni e se fa un certo tipo di affermazioni sa bene che destabilizza l’ambiente interno e i tifosi. Ma a che pro? Diverso è se quel che ha riferito è una notizia, con la “N” maiuscola: e allora la circostanzi e ce la spieghi. Il vero problema è che con la nuova società è cambiato registro anche per i giornalisti. Prima certi colleghi facevano il bello e cattivo tempo, in combutta coi dirigenti di allora, oggi invece è molto più difficile avere veline o le “dritte” giuste. E quindi ce le si inventa. Non ci sono più giornalisti di serie A e di serie B, sono tutti sullo stesso piano. La Roma americana ha deciso la strada del dialogo e della trasparenza, comunicando quotidianamente attraverso i canali ufficiali e con l’ausilio dei social network, proprio per evitare storture e strane interpretazioni di quello che accade dentro i cancelli del Fulvio Bernardini. Per ora, purtroppo, anche su questo fronte, di…
…risultati se ne vedono pochini. Ma come ci hanno spiegato le rivoluzioni non si fanno in un giorno. E quindi accontentiamoci per ora di questa bella Roma “operaia” che almeno ci ha restituito un Luis Enrique un po’ più umano e un po’ meno indigesto.