Un nuovo missile, il quattordicesimo per quanto riguarda quest’anno. La Corea del Nord ha testato un altro missile balistico, lanciando segnali preoccupanti a Stati Uniti, Corea del Sud e pure Cina. Il test è avvenuto alle porte di Pyongyang ed è riuscito: l’ordigno è arrivato ad un’altezza di 780 chilometri prima di cominciare la parabola verso il Mar del Giappone, cadendo dopo un volo di 470 chilometri. Riguardo il tipo di missile lanciato c’è un giallo, perché gli esperti sono ancora incerti. Potrebbe essere uno a medio raggio, ma considerando l’angolo di tiro, non si esclude che sia uno Hwasong-15 intercontinentale. Invece la propaganda nordcoreana, come riportato dal Corriere della Sera, sostiene di aver già provato il 25 marzo un Hwasong-17, la versione più potente del missile.
Dal punto di vista militare cambia poco, visto che Kim Jong-un ha ormai dimostrato di avere una artiglieria missilistica molto ricca. Ha diversi tipi di ordigni: corti e da crociera, ipersonici, lanciati da sottomarini e con raggio d’azione fino alle città degli Stati Uniti. Per Seul il test è stata una violazione delle molteplici risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu, in quanto ai nordcoreani sono vietate queste esibizioni di forza balistica. La Corea del Sud si sente minacciata, ma non è l’unica.
TEST NUCLEARE SOTTERRANEO PER PROVOCARE BIDEN?
Anche il Giappone ha condannato il test missilistico della Corea del Nord. Il premier giapponese, che si trova a Roma in visita, ha dichiarato: «È intollerabile, non si può permettere che Kim Jong-un minacci la pace, la sicurezza e la stabilità internazionale». Una condanna arriva anche dal Dipartimento di Stato Usa, che però si è detto disposto a riprendere «un dialogo sostanziale» con Pyongyang, che prelude ad una richiesta di denuclearizzazione.
In virtù del fatto che il presidente Usa Joe Biden è atteso a Seul il 20 maggio e tenuto conto dell’attività rilevata dai satelliti vicino ai siti di lancio e a quello dei test nucleari nordcoreani, il timore è che tra il 10 e il 20 possa esserci una provocazione missilistica intercontinentale o un’esplosione sotterranea, come quella del 2017 con una bomba termonucleare che provcò un terremoto di oltre 6 gradi della scala Richter. Dunque, Kim Jong-un non intende rinunciare al suo arsenale nucleare. Anzi, per i politologi, invece, il test potrebbe essere l’ennesimo segnale di «indipendenza» dalla Cina.