Nella guerra fredda che si sta combattendo a colpi di ban e sanzioni alle importazioni di materiale tecnologico e microchip tra Stati Uniti e Cina, c’è un terzo paese che potrebbe approfittarne per accrescere lo sviluppo industriale e aumentare gli investimenti nelle aziende tech. La Corea del Sud, corteggiata da Washington per garantire la fornitura di chip e batterie, grazie a grandi sovvenzioni offerte dal governo Usa per diminuire la dipendenza da Pechino e contemporaneamente favorire la catena di approvvigionamento.
Come analizzato in un articolo del Financial Times, c’è però una condizione fondamentale che la Casa Bianca pone, per far partire gli investimenti da miliardi di dollari nei confronti delle industrie sudcroeane, e cioè un allentamento dei rapporti commerciali con il governo cinese. Una richiesta che se da una parte potrebbe sembrare vantaggiosa, rappresenta anche un rischio, soprattutto dopo il segnale visto dagli analisti internazionali come un “avvertimento” da parte di Xi Jin Ping nei confronti di Seoul, arrivato dopo la visita ufficiale alla fabbrica di display LG e la dichiarazione di restare favorevoli agli investimenti nel paese in campo tech.
Usa chiedono a Sud Corea di limitare i rapporti commerciali con la Cina, offrono in cambio investimenti da miliardi di dollari
Gli Stati Uniti dopo aver imposto restrizioni ai materiali tecnologici, principalmente semiconduttori e microchip provenienti dalla Cina, stanno guardando con attenzione all’alternativa Sud Corea per l’approvvigionamento di materie prime fondamentali per lo sviluppo di batterie per auto elettriche e componenti per la produzione e la ricerca in molti settori critici. L’amministrazione Biden ora sta attirando l’attenzione di Seoul proponendo investimenti e sovvenzioni industriali, soprattutto dopo la risposta da parte di Pechino al ban delle importazioni, limitando ulteriormente le forniture agli Usa di Gallio e Germanio.
Nella politica sudcoreana c’è quindi un momento di tensione, perchè si tratterebbe di accettare un accordo da miliardi di dollari, ma allo stesso tempo di rischiare un limite all’acquisto di materiali primari preziosi per l’industria che la Cina attualmente fornisce per il 94%. Il timore infatti è quello di essere esclusi da un mercato e di non avere la possibilità di sviluppare nuove ricerche, in caso di ritorsioni da Pechino, interrompendo uno storico rapporto che ha contribuito negli anni in modo significativo alla crescita economica del paese.