24 ORE DI FOLLIA IN COREA DEL SUD: DALLA LEGGE MARZIALE ALLA REVOCA FINO ALL’IMPEACHMENT, COSA SUCCEDE

È successo letteralmente di tutto martedì 3 dicembre 2024 in Corea del Sud, Paese nel blocco occidentale ad alto tasso di attenzione della comunità internazionale per la vicinanza con i “cugini” comunisti della Nord Corea e baluardo democratico (assieme al Giappone) vicina ai nemici Pyongyang, Russia e Cina. L’annuncio della legge marziale ieri mattina da parte del Presidente Yoon Suk Yeol ha fatto saltare il banco, gli scontri in piazza e il Parlamento semi-bloccato hanno portato ad una seduta lampo dell’Assemblea Nazionale che è riuscita a revocare la medesima legge d’emergenza. Ulteriori scontri nella notte hanno preceduto l’annuncio dello stesso Presidente che ha confermato l’abrogazione della legge marziale.



Inevitabile, dopo quello che viene considerato un controverso tentativo di “golpe”, la richiesta di impeachment per Yoon formulata dai 6 partiti di opposizione che già negli scorsi mesi avevano avanzato la stessa richiesta dopo le indagini riguardante la moglie del Presidente e alcuni presunti conflitti di interesse su alcuni membri del suo Governo di minoranza. Yoon è in carica dal 2022 ma senza avere una piena maggioranza in Parlamento, elemento divenuto chiave poi ieri quando l’Assemblea Nazionale ha revocato con risultato clamoroso di 190 voti a 0 il progetto di legge marziale. Nello choc in cui Seul e l’intera Corea del Sud ha assistito ieri pomeriggio è emerso non con piena chiarezza i motivi per cui si è arrivati ad una legge marziale annunciata per la prima volta dopo il 1980 (in passato era stato spesso abusato il suo utilizzo per sedare le varie crisi politiche).



COSA C’È DIETRO AL CAOS IN COREA DEL SUD (E QUALI STRASCICHI TRA SCIOPERI E VOTAZIONI)

Difesa dall’impeachment, tentativo di rimuovere lo stallo provocato dal Parlamento sulla Manovra di Bilancio e, infine, accusa contro le opposizioni di solidarizzare e collaborare con la Corea del Nord del dittatore comunista Kim Jong-un (tra i principali nemici degli Stati Uniti, con cui Seul ha un rapporto legato a stretto vincolo). Sta di fatto che dopo il voto del Parlamento contrario alla legge marziale, il Presidente Yoon ha atteso ancora qualche ora per la revoca definitiva, causando altri scontri in piazza con l’esercito che ancora formalmente era tenuto a mantenere le norme previste dalla legislazione d’emergenza militare.



Già numerose le dimissioni tra i ministri del Governo, da ultimo stamane quello della Difesa Kim Yong-hyun che ha chiesto scusa ai cittadini per quanto avvenuto ieri. Il Premier Han Duck-soo rimane in carica per gestire gli scenari complessi post-legge marziale annunciando l’impegno del Gabinetto di Governo nel mantenere salda e stabile la nazione che ieri sembrava sull’orlo del baratro. Washington ha chiesto garanzie sulla tenuta troppo importante di Seul in vista della potenziale escalation dei prossimi mesi con Nord Corea e Cina che preoccupano non poco sul fronte Taiwan: anche il Segretario della NATO Mark Rutte ribadisce la centralità dell’alleanza con la Corea del Sud nel suo ruolo strategico fondamentale, assieme agli altri alleati indo-pacifici come Nuova Zelanda, Giappone e Australia.

L’instabilità generale e un Governo che vive in minoranza da oltre due anni ha come preparato il terreno alla folle giornata di ieri, con una legge marziale dichiarata e poi abrogata e con la piazza che è tornata a spingere con forza contro l’evoluzione controversa della politica. Nel frattempo questa mattina i partiti di opposizione al Governo Yoon hanno presentato la formale richiesta di impeachment: servono due terzi del Parlamento, ovvero 201 voti sui 300 seggi totali, con le opposizioni che arrivano fino a 192 parlamentari. Vista la netta contrarietà anche nel partito di maggioranza (Partito del Potere Popolare) alla legge marziale in Corea del Sud dettata dal leader Yoon, non è da escludere che si possa arrivare alla destituzione del Presidente già nei prossimi giorni, tra il 6 e il 7 dicembre in Assemblea Nazionale. I sindacati hanno proclamato intanto lo sciopero a distanza e un’opzione per Yoon sarebbe quella di dimettersi prima dell’impeachment, anche per frenare eventuali crolli in borsa e messa in crisi del già delicato equilibrio sulla guerra mai del tutto conclusa con la vicina Nord Corea.