“Qual è la cosa più coraggiosa che tu abbia mai fatto? L’uomo sputò un grumo di catarro e sangue sulla strada. Alzarmi stamattina, disse”. Sono parole queste, contenute nel libro che diede a Cormac McCarthy il definitivo riconoscimento mondiale, La strada, che in qualche modo riecheggiano quelle contenute nella canzone di Bruce Springsteen Reason to Believe: “In una baracca imbiancata a calce è morto un vecchio portano il suo corpo al cimitero, su di lui pregano: Signore, non vuoi dirci, dicci cosa significa che alla fine di ogni giornata duramente guadagnata le persone trovano qualche motivo per credere”. A loro volta queste parole del cantante americano nel loro apparentemente desolante realismo riecheggiano quelle della scrittrice Flannery O’Connor.
Nel libro che per primo gli diede fama e notorietà, Cavalli selvaggi, McCarthy aveva scritto: “I legami più stretti sono quelli creati dalla sofferenza, la comunione più profonda è quella basata sul dolore”. Anche queste parole fanno venire in mente quelle di un altro cantautore americano, Bob Dylan: “Strano come le persone che soffrono insieme hanno connessioni più forti rispetto alle persone che sono le più contente”.
Cormac McCarthy è stato l’ultimo grande scrittore americano, capace di descrivere e narrare la corruzione della grande promessa insita nella Costituzione di quel Paese, che la felicità è un diritto di tutti. A conti fatti, quella promessa non si è mai realizzata e lo scrittore appena scomparso ne era consapevole e ha descritto lo sfacelo che ne consegue: “Non esiste vita senza spargimento di sangue”, aveva detto una volta, in una delle sue rarissime interviste. “Credo che l’idea che la specie possa essere migliorata, in qualche modo, e che tutti possano vivere in armonia, sia molto sopravvalutata”. C’era un filo rosso che partiva da Flannery O’Connor, cattolica praticante come lui, ma che come lui rifiutava il buonismo, il sentimentalismo, lo spiritualismo di certa religione distaccata dalla realtà, e li legava alle massime voci della canzone americana, altre voci di una letteratura diversa ma ugualmente americana.
Questo filo si è adesso spezzato e in una America perduta, affranta, nichilista, accasciata, è difficile individuare chi possa portare avanti la voce di questo Paese.
Il cattolico McCarthy non si era mai accontentato delle facili vie di uscita che la sua fede lascia intravvedere. Ma sapeva cogliere dei segni. In una intervista, in cui raccontava gli anni di povertà e miseria in cui aveva vissuto prima di trovare il successo, dice che venne cacciato da un motel perché non aveva i 40 dollari necessari per pagare l’affitto: “Mi hanno buttato fuori. Allora ero molto ingenuo. Ero convinto che in un modo o nell’altro tutto sarebbe andato bene. Ed è stato proprio così. Sono sempre stato molto fortunato. Quando la situazione era particolarmente dura, succedeva sempre qualcosa di assolutamente imprevisto”. Incalza l’intervistatrice: “Ed è vero che una volta era talmente al verde da non potersi comprare nemmeno un dentifricio?”. “Sì. Vivevo in una baracca nel Tennessee e avevo finito il dentifricio. E un mattino sono andato all’ufficio postale per vedere se era arrivato qualcosa. E nella mia cassetta delle lettere c’era un dentifricio”. Un campione omaggio?”. “Già, un campione omaggio. Ma la mia vita è piena di episodi come questo. È sempre stato così: quando la situazione si faceva critica, succedeva sempre qualcosa”. La provvidenza, la chiamerebbe un buon cattolico.
Allo stesso tempo McCarthy teneva viva nei suoi protagonisti la domanda di senso, non la bypassava: “Se Dio dopo aver creato il mondo si è messo pure a girarci in mezzo, allora quando uno si alza la mattina può mettere i piedi per terra senza preoccuparsi di capire da dove è venuta quella terra. Ma se non è cosi, allora tocca trovare tutta un’altra spiegazione di cosa uno vuol dire quando dice realtà. E tocca giudicare tutto quanto sotto quella luce. Sempre che poi sia una luce. Pure te stesso. Quella domanda lì vale per tutti. E allora che ne dici, professore? Tu esisti davvero?” chiede il Nero, il protagonista di Sunset Limited.
Scrittore colto, raffinato, lavoratore instancabile nel definire nel dettaglio ogni parola usata, capace di prendersi diverse pagine solo per descrivere la bellezza di un campo di grano, così come nel descrivere la violenza più abbietta (Meridiano di sangue, definito da qualcuno “il western definitivo”, si porta appresso una scia di sangue dalla prima pagina all’ultima, violenza gratuita, massacri, villaggi messicani annientati e tribù indiane sterminate, genocidi a non finire, vecchi ignari freddati senza motivo con un colpo di pistola sulla soglia di casa, esseri umani trattati alla stregua di birilli da abbattere, bambini di pochi mesi usati come bersagli da tiro a segno, animali domestici trucidati per il puro piacere di uccidere, stupri efferati al di là di ogni immaginazione), Cormac McCarthy nonostante tutto amava il mondo e amava i perdenti. Poteva scrivere voluminosi libri di oltre 400 pagine e brevi pamphlet di un centinaio. Come il bellissimo Sunset Limited, la storia di un uomo di colore che salva un suicida poco prima che si getti sotto la metropolitana. Il libro è un dialogo serrato fra i due, fra il desiderio di vivere e la voglia di farla finita: “Non sono uno che dubita. Però sono uno che fa domande”.“E che differenza c’è?”. “Be’, secondo me chi fa domande vuole la verità. Mentre chi dubita vuole sentirsi dire che la verità non esiste”. Ecco la differenza.
Poi arrivò La strada, un libro così crudo e violento che si fatica a leggerlo: un modo post apocalittico, dove la gente tiene in gabbia i propri simili per mangiarseli visto che non c’è più cibo commestibile. Protagonisti un padre e un figlio che mano nella mano vagano nella desolazione totale fino a giungere in riva al mare. Il padre muore, una coppia con altri bambini prende con sé il bambino ed è come un segno di una speranza che nessun male può distruggere: “Sapeva solo che il bambino era la sua garanzia. Disse: Se non è lui il verbo di Dio allora Dio non ha mai parlato”.
McCarthy ha avuto il grande compito di svelare a una società priva di cuore, sentimenti, sfiancata dal consumismo e dalla retorica ideologica dei nuovi imbonitori della politica e della finanza brutale che dietro alle apparenze c’è una realtà più grande: “La verità riguardo al mondo, disse, è che tutto è possibile. Se voi non lo conosceste fin dalla nascita e pertanto non lo aveste purgato della sua bizzarria, vi apparirebbe per quello che è, un cilindro truccato in uno spettacolo di illusionismo, un sogno febbrile, una trance popolata di chimere senza simili e senza precedenti, un carnevale itinerante, un circo ambulante la cui destinazione finale, dopo molte soste in molti campi fangosi, è ineffabile e imperscrutabilmente rovinosa”.
“Hai detto che non mi avresti mai lasciato, dice il bambino al padre morente” nel finale di La strada. “Hai tutto il mio cuore” gli risponde il padre. “Hai tutto il mio cuore. Il mio cuore è quello che resta di me. Tutto il mio cuore”. E ancora: “Quando non ci sarò più tu potrai comunque parlarmi. Potrai parlare con me e io ti risponderò”.
Il figlio lascia il padre per avventurarsi nel bosco dove troverà una comunità di “buoni” e altri bambini. Una donna che si prende cura di lui prova a insegnargli a parlare con Dio. Ma per il bambino la cosa migliore resta parlare con suo padre, come suo padre gli aveva insegnato. Parlandogli non lo dimenticava mai. “La donna diceva che andava bene così. Diceva che il respiro di Dio è sempre il respiro di Dio, anche se passa da un uomo all’altro in eterno”. Il messaggio finale di quell’uomo è il messaggio che Cormac McCarthy ha avuto per tutto noi, per tutto il mondo: “Tieni acceso un piccolo fuoco; per quanto piccolo, per quanto nascosto (…) Alla fine saremo soltanto ciò che avremo compreso di Dio. Poiché nulla è reale, al di fuori della sua Grazia”.
E se di Flannery O’Connor aveva ripreso la lezione forte sulla radice violenta della natura e della grazia, aveva in un certo senso portato a compimento il monito della grande scrittrice. Che solo in un rapporto si consuma l’esistenza: “La vita. Averla oggi. Tenerla in mano. E poterla vedere. Emana una luce. Ha anche un certo peso. Non tanto. Ed è calda a toccarla. Appena appena. Ed è eterna. E tu la puoi avere. Adesso. Oggi. Solo che tu non la vuoi. Non la vuoi perché per ottenerla devi togliere le mani di dosso a tuo fratello. Anzi, devi prenderlo e abbracciarlo forte, senza stare a guardare il colore della pelle o quanto puzza, e perfino se lui per primo non vuole farsi abbracciare”.