Coronabond o Eurobond: ormai da settimane il dibattito politico italiano ed europeo verte attorno a queste paroline magiche, fin da subito indicate dal governo e da una larga parte di analisti come l’unica risposta credibile per affrontare la crisi economica che deriverà dalla pandemia di coronavirus. Ma cosa sono di preciso i coronabond? Iniziamo col dire che non sono un’invenzione di questi giorni. Della possibilità di istituire lo strumento degli eurobond si era già discusso nel 2011, in piena crisi del debito sovrano, ma all’epoca tutte le proposte si risolsero in un nulla di fatto. Il meccanismo di base degli eurobond (o dei coronabond, così ribattezzati in relazione al coronavirus) prevede l’istituzione di un’obbligazione (di fatto nuovo debito) con cui i Paesi europei potrebbero finanziare le spese sanitarie e i costi che la ripresa economica finirà per imporre sfruttando non – come avviene normalmente – il proprio rendimento, la singola reputazione di uno Stato sui mercati, bensì quella dei Paesi dell’Unione Europea nel suo insieme.
CORONABOND, COSA SONO?
Ad ostacolare la nascita dei coronabond sono le posizioni politiche dei Paesi più “virtuosi” in materia economica. Gli stessi che nella crisi del 2011 si opposero alla proposta di istituire gli eurobond. Alla base del loro rifiuto vi è la contrarietà a condividere il proprio debito facendosi carico dunque anche delle difficoltà dei Paesi meno solidi a livello economico. Il sistema più immediato per comprendere come se la passa questa o quell’altra nazione è osservare il debito decennale relativamente allo spread: al primo di aprile chi avesse voluto prestare soldi, ipotizziamo 100 euro per i prossimi 10 anni, alla Germania avrebbe dovuto addirittura pagare per farlo. Sì, pagare – per la precisione 47 centesimi l’anno – per prestare denaro. Che le finanze teutoniche siano solide lo si evince confrontando la situazione Italia: un investitore disposto a finanziare l’Italia di 100 euro per i prossimi 10 anni guadagnerebbe in cambio 1,55€ l’anno. Il motivo? Comprare il debito italiano è ben più rischioso e questa differenza di “rendimento” prende il nome di spread. Nove Paesi, tra cui Italia, Spagna, Francia, Lussemburgo, Belgio, Grecia, Portogallo, Irlanda e Slovenia ha chiesto l’istituzione dei coronabond ma ad oggi sembra complicato che i Paesi del Nord, in particolare Germania e Olanda, cedano alle richieste di mutualizzare il debito. Più probabile che venga accolto il compromesso proposto dalla Francia, la creazione di un Recovery Fund, un fondo per la ricostruzione che potrebbe emettere delle obbligazioni i cui proventi sarebbero destinati ai Paesi più colpiti dalla pandemia.