Le settimane più dure dalla seconda guerra mondiale, uno scenario impensabile fino ad un mese addietro, una nazione unita che attende di capire quanto siano efficaci le misure di contenimento del coronavirus ormai in vigore da sette giorni.

Come già vi avevamo anticipato, la vera svolta in Cina si è avuta grazie a un sistema di tracciamento che unisce Big Data ed Intelligenza Artificiale (IA), di fatto andando a carpire la singolarità del movimento d’ogni abitante, giocando d’anticipo. In queste ore in Italia quello che vi avevamo anticipato è presente su varie testate. Un “tracciamento” tramite codice da cellulare o badge. Si potrebbe fare in modo che senza codice non si possa andare da nessuna parte o quasi (ad esempio, l’impossibilità di pagare la spesa senza attivazione). Un sistema collaudato in Cina (anche con l’impiego di droni) che arriva dal mondo militare e che sarebbe l’extrema ratio in caso di contenimento non rispettato. La squadra cinese pare sia in Italia anche per questo, con tanto di esperto di comunicazioni targato Huawei. Del resto i dati telefonici sono da sempre fonte di studio.



Il modello dinamico creato dall’Università di Genova che tiene conto delle variabili più profonde, come la distanza di un metro tra persone, stima il picco tra 23 e 25 marzo. Il modello qui proposto:

statico, stima il picco in una forbice tra 50mila e 58mila casi. È spiegato qui. Esistono però delle osservazioni da fare: i dati che fotografiamo nel modello “Eureka” infatti sono derivanti da azioni e movimenti risalenti a 14 giorni addietro. Conforta il fatto che i dati italiani sono assai simili a quelli cinesi nello stesso periodo.



Ma due eventi pesano sul picco, l’esodo da Nord a Sud e la spinta milanese (ricordate lo slogan della Milano che non si ferma?), incidendo sul modello e ritardando forse  l’espansione massima dell’infezione. Il peso specifico di questi eventi lo capiremo nei prossimi giorni.

Un dato, in colore verde, sale con un certo ritmo ogni giorno: è quello dei guariti. Sale, purtroppo, anche quello dei decessi, ma forse la spiegazione è semplice: non tutti i positivi risultano esserlo, visto che i tamponi non si fanno a tutti.

Ragionando inversamente, applicano quindi il 2,9% di letalità, i positivi sarebbero sui 100mila, di fatto abbattendo il fattore mortalità. Una teoria non del tutto bizzarra, vista l’alta percentuale di persone senza sintomi.



Mentre in Europa esplode una curva esponenziale, l’Italia, dati alla mano, pare rallentare, anche se il dato unico giornaliero a livello di comunicazione provoca non pochi sobbalzi all’umore degli italiani, già provati dalla situazione di restrizione e preoccupati per lo scenario economico.

Per una serie di motivi, a livello d’esposizione dei dati, si potrebbe scegliere una strategia diversa da quella “da battaglia” legata al bollettino, molto focalizzata sul dato unico e poco sul fulcro del discorso: la comparazione dei dati, che aiutano a comprendere meglio la crisi.

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