Oltre all’allarme sanitario, si aggiunge l’allarme sociale nell’emergenza coronavirus che sta tenendo sotto scacco l’Italia. Alla Caritas di Milano le richieste sono cresciute del 30%, ogni persona indigente è dotata, se necessario, di una tessera a punti con la quale si possono prendere genere alimentari, come al supermercato. In questi giorni la distanza di sicurezza deve essere mantenuta anche in questa processione di bisognosi i cui protagonisti sono sempre più componenti della classe media, massacrata dal coronavirus. Mancati incassi e incertezza totale sul futuro, non si sa se e quando si potrà rialzare la saracinesca per molti commercianti, ma anche per i liberi professionisti la situazione tende a non migliorare. La Caritas Ambrosiana fa sapere che dal 24 febbraio le richieste di aiuto sono cresciute del 30%: 4,6 quintali di generi alimentari distribuiti ogni giorno, che vanno a riempire le dispense di persone che fino anche a poche settimane fa facevano una vita abbastanza agiata. Le vittime di questo triste ridimensionamento sono tutti coloro che non possono affidarsi allo smart working e hanno visto interrompersi drammaticamente il flusso di tutte le loro entrate.
“DECINE DI MIGLIAIA DI POSTI DI LAVORO A RISCHIO”
Secondo Confcommercio e Confesercenti almeno 60 mila italiani potrebbero perdere il lavoro nei prossimi giorni o al massimo nelle prossime settimane, se l’ emergenza dovesse protrarsi oltre l’inizio dell’estate. Il turismo, da sempre un cavallo di battaglia a livello economico per l’Italia, rischia di essere il settore maggiormente esposto a questa profonda crisi: “Le attività ricettive – ha spiegato in un’intervista a La Stampa la presidente di Confesercenti, Patrizia De Luisi – sono state travolte da un diluvio di disdette, e la stagione primaverile, che vale il 30 per cento del fatturato annuo, è seriamente compromessa». Un calo drastico che mette dunque a rischio decine di migliaia di posti di lavoro, senza considerare chi invece resterà bloccato negli incassi ma proverà disperatamente a restare aperto o comunque a portare avanti la propria attività lavorativa, magari riconfigurandola per le nuove necessità. La Caritas registra un’impennata del 30% sulla richiesta di generi alimentari e pasti caldi, ma questa percentuale potrebbe drammaticamente aumentare se entro il mese di aprile la fase acuta dell’emergenza coronavirus non si fosse ancora spenta.