In Lombardia si sono registrati dei casi di infetti al coronavirus, già negativizzati, che a distanza di qualche settimana dall’esito sono tornati ad essere positivi. La notizia è riportata nelle scorse ore dall’Huffington Post edizione Italia, che racconta di come questi casi lombardi, abbiano ripresentato i sintomi della polmonite da Covid e quindi siano stati nuovamente ricoverati, oppure, si siano riammalati in forma lieve e assistiti presso le proprie abitazioni. Stando a quanto specificato da fonti sanitarie, i ri-ammalati sarebbero nove in totale, tutti registrati nella zona di Lodi e di Cremona, fra i primi focolai della pandemia italiana da covid-19. Angelo Regazzetti, infettivologo della Asst di Lodi, ha cercato di spiegare tale anomalia con queste parole: “La positività del tampone dopo due risultati negativi potrebbe essere l’espressione, specialmente in un soggetto ormai asintomatico, di una persistenza di Rna virale e non necessariamente di virus replicante”.



CORONAVIRUS, 9 CASI DI NUOVO POSITIVI: IL PRECEDENTE COREANO

I nove di cui sopra sarebbero risultati negativi a due tamponi dopo la positività, e in seguito, di nuovo positivi. Una notizia che però, stando all’ASST di Lodi, come si legge in una nota, non corrisponderebbe al vero, in quanto non risulterebbe alcun paziente ammalato due volte. In attesa di ulteriori delucidazioni sulla questione, c’è da dire come la questione della “ri-positività” sia argomento di dibattito ormai da tempo, e più volte la comunità scientifica si è di fatto schierata in due gruppi sull’argomento. Per provare a fare un po’ di chiarezza va sottolineato un recente studio effettuato in Corea del Sud su circa 90 pazienti che erano risultati nuovamente positivi, pur senza sintomi, a distanza dalla loro negatività. Dopo un’accurata ricerca si era scoperto che si trattava di falsi positivi, un segnale sbagliato. In poche parole il tampone rilevava delle frazioni di virus morte all’interno del paziente, e di conseguenza considerava la stessa persona come positiva quando in realtà non lo era. Queste continue incertezze fanno capire come il covid-19 sia ancora un virus tutt’altro che conosciuto.

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