Durante la fase più acuta dell’emergenza coronavirus sono stati condotti diversi studi per capire se i bambini sono più o meno “contagiosi”, pur non rientrando nell’identikit della “vittima preferita” del Covid-19. I risultati sono stati spesso contraddittori, ma in Corea del Sud è stata condotta una ricerca molto ampia che prova a dare una risposta. Pare che la contagiosità dipenda dall’età. I bambini fino ai 9 anni trasmettono il coronavirus il 50 per cento in meno rispetto agli adulti, mentre i ragazzi dai 10 ai 19 anni diffondono Sars-CoV-2 più o meno come gli adulti. Considerando il metodo rigoroso con cui questo studio è stato condotto, ha ottenuto molti commenti positivi da parte della comunità scientifica. Peraltro, risulta utile in vista della riapertura delle scuole. La ricerca in questione è stata condotta da un team del Korea Centers for Disease Control and Prevention di Cheongju, che ha coinvolto 5.796 “pazienti indice”. Così vengono definiti coloro che hanno innescato un focolaio, stando a quanto riferito dal Corriere della Sera. I ricercatori hanno ricostruito i contatti di ogni persona coinvolta nello studio, quindi hanno censito quasi 60mila persone tra il 20 gennaio e il 27 marzo, periodo in cui le scuole erano chiuse.



CORONAVIRUS, BAMBINI SOTTO 10 ANNI MENO CONTAGIOSI

Unendo i dati è emerso che di quei 60mila contatti circa 10.500 erano in ambito familiare. Tra essi l’11,8% ha sviluppato il Covid contro l’1,9% dei contatti non familiari. Andando poi ad esaminare le fasce d’età, i ricercatori hanno scoperto che nelle famiglie con ragazzi tra 10 e 19 anni il tasso di infezione domestica è del 18,6%, mentre scende al 5,3% nel caso delle famiglie con bambini tra 0 e 9 anni. Da qui la conclusione che i bambini con meno di 10 anni avrebbero una quantità di diffusione del coronavirus dimezzata rispetto ad altre fasce di età. Invece non sono emerse differenze significative nella diffusione del virus tra la fascia 10-19 anni e gli adulti. Ma perché i bambini più piccoli trasmettono meno il coronavirus? Non ci sono certezze al momento. L’ipotesi è che i bambini emettano meno aria ad ogni respiro rispetto ai ragazzi e agli adulti, quindi diffondono una minore quantità di particelle virali. Ma anche l’altezza potrebbe incidere: l’emissione dell’area è più vicina al suolo per i bambini più piccoli, quindi c’è una probabilità inferiore di essere inspirata da un adulto che si trova in piedi.



Ma anche questo studio ha dei limiti, come riportato dal Corriere della Sera. E sono gli stessi ricercatori ad evidenziarlo. Non è detto che la prima persona che manifesta i sintomi del coronavirus sia proprio la prima contagiata. E poi i bambini hanno meno probabilità di manifestare sintomi, quindi potrebbe essere stato sottostimato il numero di quelli che hanno innescato la catena di trasmissione in famiglia. Di sicuro il fatto che chi ha tra 10 e 19 anni ha una capacità di trasmissione del coronavirus simile agli adulti pone delle domande in vista della riapertura delle scuole medie e superiori.

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