Nonostante finora si siano registrati solo 158 casi, l’Argentina ha finalmente preso le misure necessarie per evitare la diffusione del Covid-19 con una quarantena nazionale che, al momento, si protrarrà fino al 31 marzo, con molte probabilità di doversi estendere ancora più in là.

Il fatto è che, come in Italia e forse ancor più (ma siamo Paesi fratelli con la grande immigrazione italiana) nonostante le misure e il battage mediatico dove ormai non si parla d’altro pure nei canali di cucina, il Paese è diviso in due tra chi rispetta le regole e chi non fa altro che aggirarle. Insomma, ormai la divisione politica che da anni contraddistingue l’Argentina è svanita nel nulla (fortunatamente), le quotazioni del dollaro quasi non si dicono (sui media gli infettivologi hanno preso il posto degli economisti), ma venerdì scorso si è assistito a una vera e propria fuga biblica dalla capitale Buenos Aires verso la costa atlantica per godersi uno degli innumerevoli fine settimana lunghi che affollano il calendario. E questo poco prima che scattasse la mezzanotte, quindi la quarantena. Vi ricorda qualcosa?



Negli innumerevoli collegamenti con l’Italia che ormai affollano le reti televisive i nostri connazionali (ma pure gli argentini che vivono in Italia) sono arrivati quasi alle urla per invitare gli argentini a rispettare le regole e per tentare di far capire come la situazione sia seria, ma purtroppo v vi sono ancora diverse persone che non rispettano le regole anche per quanto concerne quella, importantissima, della distanza.



A livello governativo le riunioni si susseguono a ritmo incalzante così come le conferenze stampa per comunicare le nuove decisioni, ma si capisce benissimo che la grande paura che attanaglia il potere politico è che le cifre attuali possano aumentare a dismisura, perché quelle fin qui fornite soffrono di un “piccolo” difetto: l’unico Istituto in grado di effettuare analisi sui tamponi è il Malbran di Buenos Aires, che però può analizzarne non più di 200 al giorno, cosa che crea un collo di bottiglia che in pratica mantiene bassi i numeri del contagio. Ma da lunedì ogni provincia argentina avrà una struttura delegata all’analisi per cui sicuramente il numero aumenterà e questo aiuterà forse anche la gente a capire non solo l’importanza del rispetto delle regole, ma anche che la corruzione uccide. Il sistema sanitario pubblico argentino è difatti deficitario e non è in grado di affrontare una situazione simile a quella dell’Italia, a causa di una serie interminabile di scandali che da anni ne hanno minato le già deboli basi.



Ora è tutto un fiorire di iniziative per tentare di correre, soprattutto politicamente, ai ripari, ma, specie nella Provincia di Buenos Aires, la più popolata del Paese, il servizio allestito per l’emergenza del Covid-19 lascia molto a desiderare. Siamo testimoni di un caso accaduto a una dipendente aeroportuale (quindi un luogo molto pericoloso per il contagio). Si sente male con sintomi tipici del coronavirus: a questo punto chiama un numero di emergenza, il 148, istituito a proposito… ma senza risposta per due giorni, dopodiché arrivano i medici che confermano i suoi sintomi, ma nel frattempo son già passate 48 ore, vitali….viene sottoposta a tampone ma finora senza nessuna riposta.

È chiaro che con un’assistenza così può accadere veramente di tutto, ma un Paese che a parole ha da decenni posto il “pueblo” al centro delle sue politiche basate spesso sulla favoletta populista rischia seriamente questa volta di trovarsi di fronte a una realtà che, si spera, possa, una volta trascorsa, generare una risposta che obblighi la politica a scendere dal suo scranno di privilegi per occuparsi di quello che dovrebbe essere il principio fondamentale delle sue azioni: il bene comune.

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