Mentre il Governo argentino del Presidente Alberto Fernandez compie una timida apertura in una quarantena che, in pratica, si basa solo su meno di 4.000 infetti e ha bloccato l’economia del Paese al punto tale da rischiare una crisi che, complice anche la situazione di default in cui versa lo Stato, minaccia un Paese con un 60% di povertà, da più un mese, ossia da quando lo stop ha avuto inizio isolando l’Argentina dal resto del mondo, si assiste al dramma degli italiani che, bloccati dalla chiusura dello spazio aereo, stanno vivendo odissee che spesso superano la fantasia (o la metafisica… siamo in Argentina) e sono protagonisti di storie quasi cinematografiche.



Come fatto anche da altre Nazioni colpite dal provvedimento, pure le nostre autorità diplomatiche si sono mosse istituendo sia un numero di emergenza che interventi diretti sui più bisognosi, oltre a tentare di organizzare una serie di voli di rimpatrio dei nostri connazionali. In un primo momento la compagnia aerea Neos si era unita ad Alitalia in questa operazione di soccorso che aveva riguardato anche i 2.000 crocieristi argentini rimpatriati dopo una lunghissima navigazione di una motonave della Costa Crociere per mezzo mondo alla ricerca di un approdo, sempre negato, e alla fine autorizzato a Genova. Ma poi tutta l’operazione si è bloccata per lungaggini nei permessi di sorvolo e problemi organizzativi: ora è ripresa, ma, a quanto pare, con il contagocce.



Tra le varie storie trascorse da un mese a questa parte, merita risalto quella che si può definire l’avventura nell’avventura di due coppie di ragazzi italiani che nell’affrontare un viaggio rispettivamente di due e tre anni nel continente americano, si sono ritrovati a un certo punto bloccati senza nessuna possibilità di movimento dei loro due camper, in due località patagoniche e, oltre a essere perseguiti continuamente dalle autorità locali, si sono ritrovati a che fare con persone che, come accaduto pure nel resto del Paese per fortuna in forma non generalizzata, hanno considerato gli italiani alla stregua di untori, visto che il primo infetto da Covid-19 è stato un anziano italiano proveniente da Parma. La paura del contagio ha di fatto reso l’esperienza di Diana, Marco, Sara e Luca davvero singolare e, per ora, senza una soluzione, tra controlli sia logistici che medici continui anche a causa delle ripetute segnalazioni di cittadini alle autorità.



Attualmente sparsi tra i dintorni della città di Trelew e la località di Las Grutas, l’approssimarsi del freddo (che ovviamente in Patagonia è notevole), oltre alle difficoltà di comunicazione (il territorio argentino presenta dei buchi notevoli nella rete cellulare e Internet) potrebbero creare dei contorni drammatici alla loro avventura.

“La questione del Covid-19 ci ha colti mentre eravamo nella Terra del Fuoco – ci spiega Luca – e quindi, visto che si era agli inizi della problematica ma ancora non erano state prese sanzioni in Argentina, ci siamo decisamente diretti verso Nord per tentare di arrivare a Buenos Aires e prendere un volo per l’Italia. Nel corso di questo viaggio di rientro non solo non vedevamo nessuno, se si escludono i benzinai, ma indossavamo mascherine igienizzando tutto quello che toccavamo”. “Siamo riusciti ad arrivare fino alla Provincia di Neuquen e quindi nella zona attuale quando siamo incappati nella quarantena, isolandoci in una località deserta fino a quando una pattuglia di controllo ci ha intimato, vista la chiusura del parco nazionale dove ci eravamo accampati, di recarci a casa nostra che, ovviamente, è in Italia, non avendo nessuna residenza in Argentina”.

“Ci siamo spostati verso il paese di San Antonio Oeste perché era la località più vicina non solo per avere a disposizione negozi in cui comprare cibo, ma anche una connessione per poter iniziare i contatti anche con le autorità italiane per chiedere aiuto. Siamo youtubers e quindi, come viaggiatori, in contatto con colleghi di altre nazioni che però, al contrario di noi, avevano ricevuto un avviso da parte delle autorità dei loro Paesi sulla situazione che si era creata e con l’avvertimento di rientrare nei propri Paesi. Ma poi il giorno dopo il nostro arrivo siamo stati raggiunti sia dalla polizia che da un’ambulanza e, quando hanno saputo che eravamo italiani, ci hanno intimato di tenere una distanza di 30 metri da loro e successivamente siamo stati sottoposti a controlli sanitari, cosa che si è ripetuta altre volte. A tutto questo dobbiamo aggiungere che oltretutto non potevamo accedere ad altri Paesi sia perché c’erano posti di blocco, sia anche per una tv locale che aveva avvisato gli abitanti di avvertire le autorità in caso di nostro arrivo, nonostante fossimo in Argentina da più di 14 giorni e fuori dall’Italia da anni. Alla fine, anche grazie all’intervento del Consolato italiano di Bahia Blanca che ha parlato con le autorità, siamo stati scortati fino alla località dove ci troviamo attualmente”.

Stesse peripezie quelle affrontate da Diana e Marco, fotografi e blogger, che alla fine sono riusciti a trovare un parcheggio presso un campo sportivo di Trewlew, nella provincia del Chubut, dove sono attualmente confinati, grazie all’intervento della Protezione Civile locale. “Ma vorremmo poter raggiungere a nord una coppia di amici e insieme affittare un appartamento per poter rimanere senza alcun fastidio fino a quando la quarantena non sarà finita”, spiega Diana.

Già.. ma i permessi come mai non arrivano? ” Siamo qui da oltre 4 settimane in attesa che ci venga fornita la possibilità di un volo e il relativo permesso di viaggio, ci informa Luca, “ma al contrario di altre nazioni che hanno già rimpatriato i propri connazionali, inclusi quelli in viaggio come noi, qui non è successo ancora nulla”.

Nella stessa situazione di questi ragazzi, fino a ieri, c’erano circa 400 italiani, tra i quali 20 viaggiatori. Esiste pure un grande problema per trovare posto sui (per ora) pochi voli disponibili (almeno sulla carta visto i problemi nell’organizzazione), oltre che per la difficoltà nella prenotazione anche per tariffe molto alte per il solo volo di rientro.

Ci si augura davvero che questa problematica possa essere risolta il più presto possibile, sperando soprattutto che, con l’arrivo dell’autunno, l’epidemia di Covid-19 non si allarghi ai livelli che noi italiani purtroppo conosciamo.

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