«La situazione è drammatica, Torino è tutta contagiata da coronavirus», e poi ancora «i virologi da me dicono che Torino ha creato un focolaio autoctono, un focolaio nostro, pare leggermente diverso da quello lombardo»: l’audio WhatsApp di una infermiera dell’ospedale Amedeo di Savoia ha fatto il giro dei social ed ha allarmato diverse centinaia di persone. Ecco, peccato fosse tutto un fake: o peggio, l’infermiera è reale ma avrebbe fatto tutto questo per “spaventare” il figlio di un’amica in modo da costringerlo a non uscire da casa. Tralasciando solo per il momento l’aspetto educativo ben oltre il deleterio, in un momento di massima emergenza sanitaria in mezza Italia per il contagio da Covid-19 non c’è assolutamente bisogno di aumentare l’allarmismo specie con vocali su WhatsApp: lo ripetiamo, diffidiate da tutti i vocali che vi arrivano e laddove potete verificateli con chi ve li ha inviati per non far passare concetti, notizie e allarmi sbagliati in un momento dove di timori fondati ce ne sono molti ma non servono le falsità (in realtà non servono mai, è bene ricordarlo). In Lombardia circolano audio che parlano di frotte di «ventenni con polmoniti» mentre in Piemonte è il caso dell’Amedeo di Savoia ad aver scatenato la bagarre: il primario della struttura a La Stampa ha garantito che la situazione benché difficile è del tutto controllo, mentre l’Asl ha aperto un procedimento disciplinare contro l’infermiera dello medesimo ospedale che domenica ha inviato un messaggio audio a una amica. «Il virus è ovunque, peggiorerà, voglio dirvi le cose come stanno perché non stanno uscendo. Non ci sono più posti in rianimazione, i mezzi pubblici sono contaminati. Noi siamo esauriti, non possiamo allontanarci dall’ospedale. Se dovessi risultare positiva non potrei neanche mettermi in mutua, dovrei restare qui a lavorare in ospedale. Una follia»: un coronavirus che sta mutando insomma. Ecco, questo vocale racconta il falso.
IL VOCALE CHOC A TORINO: LA SMENTITA DELL’OSPEDALE
Intendiamoci, la situazione nelle corsie degli ospedali è tutt’altro che serena e tranquilla, ma inventarsi dati e “contagi plurimi” laddove non esistono è non solo gravissimo ma da profondi irresponsabili: il professor Giovanni Di Perri, primario e responsabile della clinica universitaria dell’Amedeo di Savoia spiega alla stampa, «Il messaggio è di un’infermiera dell’ospedale che l’ha mandato su richiesta di un’amica che ha un figlio di 17 anni che continua a uscire, nonostante a casa abbiano un parente che rientra nelle categoria di vulnerabilità. Per questo motivo i toni sono stati esagerati». Ad oggi l’ospedale, spiega ancora il primario, è pieno con turni massacranti per tutti: «la direzione si è attivata per liberare dei locali che in un paio di giorni ci daranno numerose altre unità di accoglienza. Con una settimana di impegno di tutti riusciremo a ridurre i contagi. è uno sforzo che siamo chiamati a fare tutti», ma non vuol dire che a Torino c’è una nuova forma di coronavirus e che soprattutto sta contagiando tutta la città. L’intento di far rimanere a casa i giovani è giustissimo, farlo inventandosi fatti finti e di profondo allarme – oltre che condividerlo senza minimamente porsi il dubbio sulla veridicità o meno – lo ripetiamo proprio in questo momento, è gravissimo e da condannare senza se e senza ma. Per convincere la gente a non uscire – laddove possibile – serve solo una cosa, e si chiama verità: “forzarla” porta solo panico e quell’effetto di “al lupo, al lupo” che oggi in Italia non possiamo permetterci.