Poteva andare peggio: poteva piovere. E alla fine ha piovuto, anzi ha diluviato come non mai. L’emergenza sanitaria ha trovato l’industria automobilistica alle prese con una svolta tecnologica molto impegnativa, con i bilanci in affanno e appuntamenti regolamentari di brivido. Insomma, era già in ginocchio e il coronavirus la sta stroncando. Se ci permettete il paragone, come le persone che hanno gravi malattie, immunodepresse o particolarmente anziane sono quelle più a rischio quando vengono attaccate dal virus, anche le aziende del settore automotive, che hanno oltre cento anni di storia alle spalle e già tagliavano posti di lavoro o avvertivano gli azionisti di un calo significativo degli utili, stanno lottando per loro stessa sopravvivenza. E non stiamo esagerando.
Continua a crescere il numero dei morti e dei contagiati, le fabbriche in Europa e negli Stati Uniti rimangono chiuse non si sa fino a quando, i concessionari sono in quarantena a casa. Nessuno compra un’auto e persino le vendite dell’usato tra privati sono naturalmente bloccate per le stringenti misure di lockdown dei vari Paesi. Nessuno produce, nessuno vende e nessuno compra. È una crisi simmetrica, come ha spiegato qualcuno al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri che, laureato in Lettere, usa l’espressione come un mantra, ovvero, per la prima volta in un periodo di pace, riguarda sia la domanda che l’offerta di prodotti e semilavorati. Un doppio attacco che può mandare a gambe levate un intero settore.
Il rischio, al netto degli interventi delle Banche centrali o dei Governi, esiste e non si riesce neanche a quantificarlo. Ci ha provato la società di consulenza Alix Partner che ha disegnato, a livello mondiale, tre possibili scenari. Giusto in tempo di mandare in stampa le slide con lo studio che il primo, quello più favorevole chiamato “quick recovery”, ovvero una ripresa entro due o tre mesi, doveva essere cancellato con un tratto di pennarello e la frase “escluso in base agli ultimi sviluppi”.
Gli scenari rimasti sono due. Il primo immagina una riapertura delle fabbriche in aprile o maggio, e una ripresa delle vendite a giugno o luglio. In questo caso Alix Partner prevede che le vendite globali caleranno dal 16% al 21% e in Europa del 20/25%, l’Ebit delle aziende andrà a zero, ci saranno grossi problemi di liquidità e sarà necessario rivedere gli investimenti previsti nelle nuove tecnologie. Un disastro che, diciamo noi, verrebbe accompagnato con tagli importanti del personale e delle fatture dei fornitori, ma che non è niente rispetto al terzo scenario che immagina una prolungata recessione e una lenta ripresa solo il prossimo anno dopo una chiusura degli impianti per più di tre mesi, e prevede il crollo delle azioni del settore, difficoltà economiche dei potenziali clienti e fallimenti. In questo caso, le vendite crollerebbero del 25/30% in Europa e del 22/27% a livello mondiale. Stiamo parlando di quattro milioni di auto vendute in meno in Europa e di un calo globale che possiamo quantificare attorno ai 20 milioni di vetture.
Alix Partner ha provato anche a immaginare la situazione in Italia. In questo caso, gli scenari ipotizzati sono tre perché gli esperti della società di consulenza hanno tenuto conto di eventuali interventi del Governo. Se la crisi finisce a fine aprile e ripartiamo subito, le vendite caleranno del 23%. Se la crisi si risolverà tra qualche mese e interverranno misure appropriate da parte dell’esecutivo lasceremo sul terreno il 35% delle auto commercializzate lo scorso anno. Se il Governo non farà nulla questa percentuale salirà a quota 43% e la crisi si porterà via quasi la metà del mercato.
Numeri esagerati? Speriamo. Adesso, tutti parlano di ripresa a “V”, immaginando un immediato rilancio dei consumi, o a “U”, prevedendo una fase di recessione più o meno lunga. In verità nessuno sa davvero cosa potrà accadere e in una situazione del genere può succedere di tutto. Spariamo a caso qualche esempio usando soltanto la fantasia: il fallimento di un grande costruttore europeo, americano o giapponese, una fusione tra Bmw e Mercedes, la conquista cinese, con i soldi del Governo di Pechino, di General Motors e via di questo passo. Fantaeconomia? Certamente, ci stiamo vivendo dentro. Chi avrebbe potuto immaginare solo qualche mese fa le fabbriche chiuse in tutta l’Europa? Chi avrebbe potuto ipotizzare le serrande dei concessionari abbassate? Chi aveva ipotizzato che saremmo stati chiusi a casa per mesi, senza neanche sapere quando potremo uscire?