Il professore associato di biologia presso l’università di Dartmouth, nel Massachussetts (Stati Uniti), Erin Bromage, ha pubblicato lo scorso 6 maggio un articolo sul proprio blog, in cui ha cercato di spiegare in maniera semplice e dettagliata quali sono i luoghi da evitare pena una maggiore possibilità di contrarre il coronavirus. Un articolo che in meno di dieci giorni è stato visto più di tredici milioni di volte e che è stato tradotto in Italia da Andrea Sparancino e pubblicato su Internazionale.it. Bromage inizia spiegando dove è più facile contrarre il covid-19, e in cima alla lista dei luoghi a rischio troviamo le case, le nostre abitazioni. E’ qui infatti dove vi sono i maggiori contatti con le persone, e di conseguenza, una maggior possibilità di trasmissione del virus. Fra gli ambienti potenzialmente più infetti troviamo in particolare i bagni, dove vi sono numerose superfici come magnigle e rubinetti, continuamente toccate dalle persone. Inoltre, il prof dell’università di Dartmouth sottolinea il rischio degli asintomatici, specificando che il 44% dei casi di contagio è dovuto proprio a persone che non hanno apparentemente alcun sintomo dell’infezione.



CORONAVIRUS, AMBIENTI E SITUAZIONI A RISCHIO: IL CASO DEL CORO DI WASHINGTON

Tornando agli ambienti più a rischio, tolta la situazione delle case di riposo dove in ogni angolo della terra sono stati registrati numeri drammatici, attenzione ai penitenziari, alle cerimonie religliosi e ai luoghi di lavoro come impianti di macellazione e call-center. Inoltre, compleanni ma anche matrimoni e funerali hanno rappresentato, ad inizio epidemia, il 10% dei casi di contagio accertati. Erin Bromage cita anche altri casi, come ad esempio quello di un’esibizione dello scorso 10 marzo del coro dell’università di Washington, dove, nonostante precauzioni varie e nonostante l’ambiente fosse grande (un campo da pallavolo), siano stati infettati quasi tutti i coristi: tutta colpa del droplet, le goccioline di saliva, emesse in grande quantità quando si canta. Anche gli sport al chiuso rappresentano un potenziale focolaio, e a riguardo Bromage cita il caso di una gara di curling in Canada dove si sono infettati 24 dei 72 partecipanti. Il prof, invece, non inserisce lo shopping fra gli eventi a rischio: sicuramente una buona notizia soprattutto per il gentil sesso.

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