L’Oms in un suo comunicato di venerdì scorso annunciava come l’America Latina rappresenti il nuovo focolaio della pandemia Covid-19 nel mondo. Sperando che l’informazione non si riveli esatta, visti i continui cambiamenti di rotta di una Organizzazione che ormai ha perso gran parte del suo carisma internazionale (al punto che alcuni Paesi pensano di far ricorso all’Onu per citarla come complice della mancata tempestiva informazione sulla pericolosità del virus), bisogna però dire che l’infezione ha conosciuto uno sviluppo che, seppure inferiore a Europa, Asia e Usa, rimane ragguardevole, specie per quanto concerne il Brasile che, con oltre 250.000 casi, si rivela al momento il terzo Paese più infettato e sesto per numero dei morti (17.500) al mondo.



Ma quali sono le ragioni dello scoppio con numeri europei della Pandemia in questo Paese? Che oltretutto smentisce uno dei concetti che lega l’esplosione del Covid-19 con l’arrivo dell’inverno, visto che il Brasile è in gran parte equatoriale e gode nella maggioranza del suo territorio di un clima non certo freddo?



Bisogna considerare anzitutto che, anche se dotato di un’enorme estensione, con 200 milioni di abitanti, è la seconda nazione più popolata del Continente americano, dopo gli Stati Uniti, e quindi le distanze tra i centri abitati non sono così grandi come, ad esempio, in Argentina che, seppur grande 10 volte l’Italia, conta solo 43 milioni di abitanti. Quindi il Covid-19 ha trovato un terreno adatto al suo sviluppo, anche perché, come negli Usa, le politiche instaurate sia da Trump che da Bolsonaro (due Presidenti così simili tra loro) non hanno affrontato la problematica con la dovuta serietà, quasi fosse un’epidemia influenzale, sottovalutandola e quindi costretti a correre ai ripari quando ormai era troppo tardi per frenarne lo sviluppo.



Nonostante da molto tempo si sono diffusi i controlli massivi sulla pandemia, già varie province brasiliane sono arrivate al limite della capacità sanitaria di affrontare la situazione, come ad esempio nello Stato di San Paolo, arrivato ormai a un coefficiente di occupazione deie posti negli ospedali del 97%. Poi c’è da considerare la struttura confederale del Paese dove, come in Italia con le Regioni, le varie Province (ma sarebbe più corretto definirli come Stati) che lo compongono godono di una sostanziale indipendenza dal potere centrale, fatto che ha permesso l’instaurazione di normative più o meno restrittive in pratica con quarantene a macchia di leopardo che, applicate strettamente solo da sei Stati, hanno favorito la diffusione.

Se in alcuni casi, come a San Paolo, si è assistito addirittura a un sostanziale alleggerimento delle misure visto che, dato il ritardo con cui il Covid-19 è apparso in Sudamerica, ci si è potuti organizzarsi per contrastarlo, si può tranquillamente affermare che la quarantena non abbia avuto un seguito rigoroso in tutta la nazione.

C’è poi da considerare un altro importante fattore: quello della circolazione automobilistica che in pratica è avvenuta senza controllo a causa della stagione estiva e dei “ponti” di festività nazionali, fatto che ha enormemente contribuito alla diffusione del virus.

Rimane alla fine da considerare come elemento centrale la figura di Bolsonaro che, nonostante i ripetuti interventi di province per prepararsi al meglio ad affrontare la pandemia, ha offerto al Brasile l’immagine del menefreghismo assoluto presentandosi a vari incontri senza rispettare le benché minime norme sanitarie e, anzi, invitando la popolazione a seguirlo quasi si trattasse di uno scherzo di carnevale. Ed è poi incorso in un errore che considerare ciclopico è davvero poco: quello di far dimettere il suo ministro della Salute, Luiz Enrique Mandetta proprio il 16 aprile, quindi in piena emergenza, perché non era d’accordo con le dichiarazioni di quest’ultimo a favore delle decisioni di isolamento sociale sanitario. Ma, non contento di aver combinato un simile guaio, dopo appena tre settimane dalla sua elezione a Ministro in sostituzione di Mandetta, l’oncologo Nelson Teich si dimetteva a sua volta.

Come si vede un treno di errori impressionanti, in perfetto stile Trump oserei dire: ma siccome al peggio non c’è mai fine, ecco che Bolsonaro si innamora della idrossiclorochina, presentandola come la soluzione al problema ed in questo modo allentando la tensione psicologica della popolazione nei confronti del Covid in maniera importante.

Ora è chiaro che la frittata è fatta e l’unico modo, almeno al momento, per risolvere la situazione è quella della rigidità sanitaria assoluta con misure intelligenti che possano evitare anche un altro grandissimo pericolo: quello di fermare totalmente l’imponente macchina economica brasiliana, fatto che provocherebbe anche una situazione sociale dalle imprevedibili conseguenze, qui amplificata anche dalla sostanziale perdita di consenso del Presidente e da un’opposizione forte e ben radicata al comando dell’ex Presidente Lula e del Partido do Trabalhadores che ancora non ha digerito la sconfitta elettorale che ha proiettato Bolsonaro al potere.

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