RIO DE JANEIRO – Dai e dai, il Brasile ce l’ha fatta: ha superato gli Stati Uniti ed è il primo paese per numero di morti per Covid al giorno, sopra i mille dall’inizio di giugno. Nel totale è ancora secondo, ma c’è tempo e tanto spazio ancora, purtroppo, per salire in classifica.

In nessuno dei 26 Stati brasiliani le curve si sono appiattite, ma fino a qualche giorno fa si parlava solo di aperture di negozi e centri commerciali. Domenica a Rio l’inverno è iniziato con 35 gradi e le spiagge piene. La prefettura ha permesso di viaggiare in piedi negli autobus, che sono tornati a riempirsi come prima. Nei giorni precedenti c’era stato un calo delle infezioni, subito risalite.



Il contributo maggiore all’aumento delle morti, però, è la diffusione geografica. Un mese fa un quarto dei comuni avevano sperimentato decessi, ora sono la metà.

Non ci sono casi in cui si deve decidere chi curare e chi no e il Sus, il sistema sanitario pubblico che i brasiliani amano odiare, sta reggendo. L’ospedale straordinario di Rio è pronto, ma non si apre perché non ce n’è bisogno e aumenterebbe solo i costi. La decisione è del segretario alla Sanità dello Stato, in carica da poco più di un mese e che si è già dimesso per non essere chiamato a giudizio per situazioni ereditate.



Wilson Witzel, il governatore di Rio, nel frattempo è sotto impeachment per aver favorito parenti nei bandi d’acquisto di apparecchiature destinate alla lotta contro il Covid. Eletto nel 2018 promettendo di essere “nuovo”, se condannato si troverebbe in piena continuità con i suoi predecessori: l’ultimo governatore di Rio a non essere andato in galera per corruzione ha lasciato la carica nel 1998.

La crisi principale del paese, però, continua a essere quella istituzionale. Abraham Weintraub, il ministro dell’Educazione che in un Consiglio dei ministri aveva dichiarato che avrebbe voluto sbattere in galera tutta l’Stf, la Corte suprema, è stato spostato alla Banca mondiale. I militari al governo, i meno desiderosi di un golpe, hanno espresso soddisfazione, ma se voleva essere un segnale di distensione verso l’Stf è stato ignorato.



Si è iniziato con l’arresto degli estremisti del gruppo “300 do Brasil”, l’Stf ha poi autorizzato l’apertura dei conti correnti di 10 deputati bolsonaristi nelle indagini sulle “fake news” in campagna elettorale e ha finito con l’arresto di Fabrício Queiroz, collaboratore di uno dei figli di Bolsonaro.

I “300 do Brasil” si erano accampati davanti alla sede dell’Stf per protesta, facendo una manifestazione con torce e maschere in stile tra horror e Ku Klux Klan. Avevano armi, “per difesa personale”, e tutte possedute regolarmente. Peccato che in Brasile il possesso, con molte limitazioni, è legale ma il “porto” delle stesse fuori di casa no. Sono stati allontanati dalla polizia, ma dopo qualche ora sono ritornati per lanciare fuochi d’artificio verso le finestre dell’Stf.

La loro leader, Sara Winter (al secolo Sara Fernanda Giromini), ha fatto parte delle Femen, per poi convertirsi all’estrema destra e diventare una youtuber attivista. Lei è stata arrestata nell’ambito di un’altra inchiesta.

Queiroz, invece, avrebbe “gestito” gli stipendi dei membri del gabinetto di Flavio Bolsonaro. In Brasile ogni deputato può assumere qualche decina di collaboratori, molto spesso fasulli, che poi restituiscono lo stipendio al politico. Queiroz avrebbe montato il meccanismo di questo ritorno e garantito il suo funzionamento. Si parla di 3 milioni di real (mezzo milione di euro al cambio attuale) riciclati con acquisti fittizi in un negozio di cioccolato. Stava da un anno in una casa dell’avvocato di Jair Bolsonaro, che aveva ripetutamente dichiarato di non sapere dove si trovasse.

Rispetto alle precedenti, tutto sommato, una settimana tranquilla.

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