Roberto Burioni parla del Coronavirus, non certo per la prima volta. Il virologo si è fatto una fama “social” per la sua battaglia contro i no-vax e soprattutto contro gli “agitatori” (o “leoni”) da tastiera che si improvvisano medici su Facebook (questo il leit motiv dei suoi interventi), certamente avendo i titoli per sostenerlo – appunto. In questi giorni invece Burioni ha pubblicato un video, sul canale YouTube di Medical Facts, nel quale ha parlato della possibilità di sviluppare un vaccino per il Covid-19, e in particolar modo dei tempi che occorrerebbero per renderlo efficace e distribuirlo: nelle sue parole si pone, come da lui stesso anticipato, un problema di natura etica. Andiamo però per gradi, perché negli oltre 5 minuti di video Burioni ha chiaramente espresso il suo concetto, seguendo punti che potessero essere chiari per tutti (e in effetti è così).



Nel suo intervento Burioni parte dall’eventuale scoperta di una molecola “promettente”: a quel punto per capire se il vaccino effettivamente possa funzionare si procede ad uno studio prospettico, vale a dire si prendono 2000 persone (il numero lo dà lui) a rischio di essere contagiati dal Coronavirus, vaccinandone solo la metà. Sperando che sia questa quella in cui i casi di positività siano minori; solo che in questo modo ci sarebbe un primo problema da affrontare, ovvero le persone dovrebbero essere a rischio perché in caso contrario si dimostrerebbe ben poco, e se qualcuno ha maggiori probabilità di contagio si farebbe di tutto per non farlo ammalare. Insomma, un cane che si morde la coda, oltre al fatto che i tempi per sviluppare questo studio e arrivare a capire l’efficacia del vaccino sarebbe lungo. “Ho sempre detto che occorrerebbero almeno 18 mesi, se non addirittura anni”. Dunque, come fare? La risposta ci sarebbe, ma si andrebbe incontro ad un problema di stampo etico.



CORONAVIRUS, BURIONI: “SI DOVREBBE INFETTARE LA GENTE…”

Burioni lo anticipa, ma porta comunque avanti la sua tesi: si tratterebbe di prendere un campione di persone (in questo caso parliamo di 50) ed eseguire lo stesso studio prospettico di cui sopra. Con una differenza: i non vaccinati sarebbero addirittura infettati con una dose “controllata” di Coronavirus. “A quel punto diventa molto più facile, perché si vede subito se il vaccino dà o meno una protezione”. Qui però si pone davvero il problema: chi infettare? Il virologo sostiene giustamente che i giovani sono meno a rischio di contrarre il virus ma questo pericolo esiste comunque. E ancora, come convincere le persone a prestarsi alla cosa? “Una volta si facevano le prove sui carcerati, ma questo oggi non sarebbe accettabile”; vero è anche, secondo la tesi del dottor Burioni (non certo il primo a pensarla così) che per sviluppare un vaccino in tempi molto più rapidi questa sarebbe una soluzione, e si va con la mente al concetto dell’immunità di gregge (comunque diverso) di cui abbiamo sentito parlare. Anche su queste parole del virologo si scateneranno sicuramente tante discussioni…

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