Come sarà il nostro rapporto con il corpo dopo la pandemia con il Coronavirus? Su Il Post è comparso un interessante articolo (che è anche molto lungo e dettagliato) circa il pensiero di alcuni filosofi sull’argomento. Si comincia con Lauri Penny, scrittrice, che ha parlato di come il Coronavirus abbia dato al nostro corpo una dimensione domestica: rinchiuso in una casa per l’isolamento. Tuttavia, leggendo i vari interventi e i pensieri, si arriva a parlare nello specifico di corpi come grandi protagonisti del periodo: nascosti o protetti, controllati o utilizzati come una barriera, vista la pericolosità del contatto fisico. Da cui la domanda: siccome la diffusione del contagio ha eliminato tutti quei gesti che erano parte della fisicità (dalle strette di mano agli abbracci) cambiando il comportamento sociale o banalmente anche solo il modo di salutarsi, cosa succederà una volta che la pandemia sarà finita?



Ovvero: torneremo a salutarci e toccarci come un tempo, oppure sarà inevitabilmente diverso? Il Coronavirus avrà il potere di modificare per sempre il nostro comportamento? L’assunto è che il parallelismo tra Coronavirus e AIDS possa in qualche modo essere utilizzato: vero che la malattia “scoperta” all’inizio degli anni Ottanta ha come creato una patina di disinteresse per quei corpi che morivano, e che venivano trattati come “spaventosi e clandestini”, vero anche che, pur se con il Coronavirus si è avuta la maggiore percezione di come tutti i corpi siano uguali, secondo alcuni pareri ci sono comunque morti di serie A e morti di serie B, volendo sintetizzare. Ad esempio la pensa così Jean-Luc Nancy, secondo cui “il corpo di un siriano in un campo profughi non ha nulla a che fare con quello di un norvegese nella sua casa o con quello di un indio dell’Amazzonia il cui spazio di vita è stato distrutto”.



CORONAVIRUS, IL RAPPORTO CON IL CORPO

Niente di nuovo: le solite differenze che vengono esacerbate. La pensa così anche Lorenzo Bernini, insegnante di filosofia politica e sessualità all’Università di Verona: per lui le pandemie rendono evidenti diseguaglianze e gerarchie sociali, materiali e immaginarie, e ha citato a supporto il campo 87 del Cimitero Maggiore di Milano dove è stata creata una fossa comune per i morti da Coronavirus: se anche nessuno ha potuto celebrare i lutti visto il divieto di celebrare funerali, “quello spazio è stato destinato a corpi privi di lutto, che nessuno ha reclamato”. Legato a questo, c’è il tema della superiorità del modelle familiare che è stata ribadita nuovamente. Per Jacques Tassin, scrittore e naturalista francese, la pandemia da Coronavirus ha causato “una forma di sfiducia nei confronti di qualsiasi pelle che non sia la nostra” e, siccome la nostra pelle ci dà il mondo e ci offre anche gli altri, questa assenza di contatto ci ha in realtà privato di qualcosa di più che non la mera possibilità di stringere la mano ad un’altra persona.



Va ancora più in là la sociologa Anastasia Meidani, per la quale con l’avvento di test sierologici e tracciamento dei contatti verranno a crearsi ulteriori gerarchie. Ovvero, una sorta di griglia biomedicale per la quale sembreremmo improvvisamente invecchiati. “Ci saranno corpi meritevoli e altri che saranno accusati di fragilità” ha detto, prendendo a riferimento quanto succede con gli anziani. Una spartizione sociale in atto: “E’ il nostro stare insieme che ci giochiamo là fuori”, con tutta l’aggiunta di gesti che vengono chiamati “di barriera: questa persona non si avvicina perché cerca di proteggersi e dunque mi percepisce come un pericolo, o lo fa per proteggermi perché ai suoi occhi sono fragile?”. Da cui la potenziale differenza tra un gesto protettivo e uno di rifiuto discriminatorio; per la filosofa Adriana Cavarero si tratta solo in parte di autodifesa e il paradosso sta nel fatto che “questa cura altruistica del proteggere il corpo dell’altro o dell’altra impone la distanza, l’assenza di relazione corporea e dunque della cura così come l’abbiamo sempre vissuta”. Perché chi cura è inclinato sul più debole, ma con la cura del corpo in tempo di Coronavirus questo è proibito perché toccando l’altro il virus può circolare.