La vitamina D potrebbe avere un ruolo preventivo e terapeutico nella gestione della pandemia da Covid-19. Questa la tesi dei professori Giancarlo Isaia ed Enzo Medico dell’Università degli Studi di Torino. Il compenso di vitamina D «in associazione alle ben note misure di prevenzione di ordine generale, potrebbe contribuire a superare questo difficile momento». I due esperti spiegano che, sulla base di molte evidenze scientifiche e considerazioni epidemiologiche, è emerso che il raggiungimento di adeguati livelli di vitamina D «sia necessario anzitutto per prevenire le numerose patologie croniche che possono ridurre l’aspettativa di vita nelle persone anziane, ma anche per determinare una maggiore resistenza all’infezione COVID-19 che, sebbene con minore evidenza scientifica, può essere considerata verosimile». Non mancano interessanti considerazioni epidemiologiche, ad esempio sulla ridotta incidenza di Coronavirus nei bambini. Secondo i professori Isaia e Medico ciò potrebbe essere dovuto «alla minore prevalenza di Ipovitaminosi D conseguente alle campagne di prevenzione del rachitismo attivate in tutto il mondo dalla fine dell’Ottocento». (agg. di Silvana Palazzo)
CORONAVIRUS, CARENZA VITAMINA D AUMENTA I RISCHI?
Che rapporto c’è tra la carenza di vitamina D e il Coronavirus? Lo hanno esaminato il professor Giancarlo Isaia, docente di Geriatria e Presidente dell’Accademia di Medicina di Torino, e il professor Enzo Medico, professore ordinario di Istologi all’Università di Torino. Peraltro, quella della carenza della vitamina D è una condizione che interessa in Italia una vasta fetta della popolazione, in particolare quella anziana, che tra l’altro è pure quella duramente colpita dal Coronavirus. Dallo studio in questione è emerso che i medici dovrebbero assicurare adeguati livelli di vitamina D nella popolazione, ma soprattutto nei soggetti contagiati, nei loro congiunti, nel personale sanitario, negli anziani fragili, negli ospiti delle residenze assistenziali, nelle persone che vivono in regime di clausura e in tutti coloro che non si espongono adeguatamente alla luce solare per vari motivi. Ma suggeriscono anche la somministrazione della forma attiva della vitamina D, cioè il Calcitriolo, per via endovenosa nei pazienti affetti da Covid-19 e che hanno una funzionalità respiratoria compromessa.
“DIETA E LUCE SOLARE OLTRE AI MEDICINALI”
Le indicazioni fornite sono legate a evidenze scientifiche secondo cui la vitamina D ha un ruolo attivo sulla modulazione del sistema immune. La carenza associata a patologie croniche, inoltre, può ridurre l’aspettativa di vita delle persone anziane, figurarsi in caso di infezione da Covid-19. Gli studiosi sottolineano anche che la vitamina D ha un ruolo nella riduzione del rischio di infezioni respiratorie di origine virale, anche quelle da Coronavirus, e può contrastare il danno polmonare da iperinfiammazione. Non è casuale il fatto che dall’analisi dei primi dati preliminari raccolti a Torino in questi giorni sia emerso che i malati di Covid-19 hanno un’elevata prevalenza di Ipovitaminosi D. Ma i professori Isaia e Medico ritengono che la situazione sia complessa dal punto di vista dell’equilibrio da mantenere nel paziente e le soluzioni possono essere molteplici, considerando l’età avanzata della maggior parte dei soggetti. Di conseguenza, l’esposizione alla luce solare, per quanto possibile, associata all’alimentazione con cibi ricchi di vitamina D può essere importante, alla pari dell’assunzione di preparati farmaceutici, ma sotto controllo medico.