Il coronavirus rappresenta un mistero ancora per buona parte della comunità scientifica e nonostante si provi a ottenere dettagli sempre maggiori, ci sono situazioni cliniche che preoccupano non poco. Da qualche settimana, il medico francese Benjamin Davido ha visto i suoi ex pazienti della Covid-19 tornare con sintomi allarmanti. “Lamentano diarrea, dolori muscolari o articolari, lividosi (chiazze sulle gambe) o manifestazioni cutanee“, racconta l’infettivologo che lavora all’ospedale Raymond-Poincaré nella regione di Parigi. Questi pazienti, sebbene curati nel suo reparto, si ripresentano dopo 6 settimane dopo con disturbi che non hanno nulla a che fare con i sintomi respiratori del coronavirus. Una volta su due, questi pazienti sono risultati di nuovo positivi. “Si tratta per lo più di pazienti giovani, per lo più donne, che hanno sviluppato forme più intense della malattia“, dice lo specialista. Il fenomeno è ancora poco conosciuto, ma Benjamin Davido non è il solo ad avere a che fare con questo nuovo tipo di pazienti. In Cina, dove l’epidemia è iniziata prima che nel resto del mondo, i medici si trovano anche di fronte a casi di persone che rimangono positive più di un mese dopo la fine dei sintomi, o che risultano nuovamente positive diverse settimane dopo aver lasciato l’ospedale. A Wuhan, un paziente è rimasto positivo per 49 giorni.



CORONAVIRUS, POLITICA DEI TAMPONI DA ABBANDONARE?

Questo rappresenta un vero problema per gli ospedali, che possono dimettere i pazienti guariti solo dopo due tamponi negativi per assicurarsi che non siano più contagiosi. Una regola che la Francia ha abbandonato, perché “si traduce in una reale perdita di chance per i pazienti“, lamenta Benjamin Davido. “I pazienti guariti vengono trattenuti inutilmente quando potrebbero beneficiare prima delle cure di riabilitazione“. Le conseguenze sono pesanti anche dal punto di vista psicologico per le persone che sono state tenute in stretto isolamento per diverse settimane. Per non parlare del fatto che il sollievo di essere ufficialmente dichiarati guariti sembra non arrivare mai. Per il dottor Davido questa politica dei tamponi deve essere completamente abbandonata. I test, che si basano sul rilevamento del genoma del virus in tamponi nasofaringei, in realtà non dicono molto sulla presenza del virus nel corpo. “Dopo un certo periodo di tempo, il virus si deposita nei polmoni e non è più rilevabile“, dice Davido. Si ritiene che i casi di persone risultate positive due volte a distanza di diverse settimane siano dovuti al “rilascio” di pezzi di virus morti nel corpo. Anche questo non dice nulla sul fatto che queste persone siano o meno ancora infette. “In realtà, nessun test affidabile può dirlo“, dice il medico. Nemmeno i test sierologici che misurano gli anticorpi, i cui risultati sono inconcludenti in termini di immunità.

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