Se per credere bisogna vedere, allora il servizio trasmesso ieri da Piazza Pulita sui malati gravi di Coronavirus può aiutare davvero a comprendere che questa non è una semplice influenza. Senza eccedere nell’allarmismo, ma prendendo l’epidemia da Covid-19 per quella che è, la trasmissione di Corrado Formigli ha dato una prova visiva di cosa accade ai malati che finiscono in rianimazione. Come vive il paziente? Le telecamere sono entrate nel reparto di terapia intensiva dell’Asst di Cremona, uno degli ospedali più vicini alla zona rossa. Qui cresce il numero dei pazienti da trattare e i medici arrivano a lavorare fino a 14 ore al giorno. «Se le persone pensano che stiamo esagerando vorrei dire loro di venire a vedere cosa succede nei nostri reparti», ha dichiarato Massimo Galli, infettivologo del Sacco di Milano, in collegamento con lo studio. La prova visiva arriva dal servizio, che mostra immagini impressionanti: pazienti intubati, a torso nudo, che vivono solo grazie alle macchine, medici invece con scafandri.



CORONAVIRUS, LE IMMAGINI DEI PAZIENTI IN RIANIMAZIONE

Le telecamere di Piazza Pulita mostrano dunque come vive il paziente malato di Coronavirus in rianimazione. Sono intubati, non riescono a muovere più il proprio corpo in attesa che la crisi passi. Attorno a loro ci sono medici e infermieri che appaiono come astronauti per come sono vestiti. Controllano i malati con computer sofisticati che verificano le loro condizioni. E per favorire la respirazione li mettono per alcune ore a pancia in giù. «Molto spesso è necessario, oltre a fare una ventilazione con elevate percentuali di ossigeno, pronare i pazienti per garantire una migliore ossigenazione. Li lasciamo a pancia in giù per diverse ore perché questo migliora la ventilazione polmonare, l’ossigenazione», spiega Elena Grappa, responsabile neuroanestesia Asst Cremona. Potremmo definire il servizio, dunque, la prova televisiva che demolisce tutte le sciocchezze circolate in queste settimane, cioè che il Coronavirus non sia altro che una influenza un pizzico più aggressiva. A tal proposito Massimo Galli, che dirige il reparto di malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, spiega che quelle definizioni sono pronunciate «per le orecchie di chi voleva sentirsele dire».

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