“Sono ottimista e l’evolvere della situazione permette a tutti di esserlo”: ne è convinto Roberto Cauda, professore ordinario di Malattie infettive nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. “I casi in Cina stanno diminuendo e fuori del focolaio di Wuhan si sono registrati negli ultimi giorni soltanto 5 o 6 infettati. Inoltre la Cina ha riportato 52 nuovi decessi per coronavirus, la cifra più bassa nelle ultime tre settimane. Il Covid-19, poi, viene già utilizzato in Cina nei laboratori per essere testato su molecole dell’Hiv o dell’Ebola per trarne farmaci curanti”. Per il professor Cauda, i primi casi di bambini contagiati, segnalati ieri, non devono spaventare per nulla: “Era impossibile che neanche un bambino fosse colpito, con un virus che si è dimostrato comunque mortale solo in pazienti oltre i 70 anni e già affetti da altre patologie. Questi casi, infatti, sono già stati diagnosticati come benefici”.



Ci sono novità? E ci può segnalare che passi si stanno compiendo?

Innanzitutto va sottolineato che in Cina i casi stanno diminuendo, il trend è in discesa in misura più evidente rispetto a pochi giorni fa e penso che adesso la cautela, che noi esperti avevamo consigliato, può essere un po’ messa da parte. Fuori da Wuhan il contagio è particolarmente basso: 5 o 6 casi al massimo. Ma sta emergendo un altro elemento che purtroppo non è una buona notizia.



Quale?

Il numero di casi al di fuori della Cina è più alto che in Cina.

Questo è un motivo di preoccupazione in tutto il mondo. Si può parlare di possibile pandemia?

No, piuttosto è il segno che il movimento del virus è legato soprattutto alla situazione della Corea del Sud, dove si sono registrati due distinti focolai che ne alimentano la diffusione. Se poi aggiungiamo anche la nostra piccola Italia, i casi sono più numerosi.

Ieri sei minori sono risultati positivi in Lombardia e finora non era successo. È una notizia preoccupante?

È chiaro che quando aumenta il numero dei soggetti colpiti è possibile che possa succedere anche questo. In Cina lo avevamo già visto. In Italia la malattia fino a ieri colpiva soprattutto gli adulti maschi, persone con più di 70 anni, e letale nei soggetti già malati. Ma stiamo parlando sempre di una percentuale molto, molto bassa.



Nel caso dei bambini?

Nelle statistiche forniteci dai cinesi in questi mesi esisteva una casistica intorno al 5% per i bambini. Dunque, è chiara l’esiguità dei casi, assolutamente benigni.

Nei normali virus influenzali si dice sempre che i soggetti a rischio sono appunto i bambini e gli anziani: è così anche con questo coronavirus?

Assolutamente no. In quelli che lei definisce normali virus influenzali il caso di contagio dei minori è massiccio, qui invece stiamo parlando di un virus completamente diverso, anche se si palesa mostrando gli stessi sintomi. I bambini italiani di cui stiamo parlando erano quasi tutti a casa, risultano positivi e ciò dimostra la benignità della malattia. Non dimentichiamo che questo virus nell’80% dei casi compie il suo decorso in forme lievi.

L’assessore alla Sanità della Lombardia ha disposto l’uso del tampone solo per chi presenta sintomi della malattia. Scelta corretta?

Quello che ha fatto è in linea con le disposizioni delle autorità sanitarie e con una buona pratica clinica. Il tampone infatti non è in grado di rivelare il livello della malattia, se grave o meno. Poiché molti soggetti sottoposti a tampone risultano positivi senza avere sintomi, non ci dice che tipo di malattia avrà una persona. Il rischio è elevato nei soggetti sintomatici, mentre è marcatamente più basso nei soggetti asintomatici. Qualora ci fosse un tampone positivo nel soggetto che ha la malattia, allora sarà disposta la quarantena.

C’è stato il caso di una famiglia di Pavia che è risultata positiva per errore. Colpa dell’ospedale o è un abbaglio che il virus può provocare?

Non entro nel caso specifico. Ogni test, anche i più sofisticati, può dare esiti opachi, ma questo è un test con un’ottima affidabilità. Si eseguono due test e poi si aspetta la conferma del laboratorio dell’Istituto superiore della sanità: si procede con questa cautela. A Palermo abbiamo visto in un caso che il primo test, all’inizio positivo, poi al secondo è diventato negativo.

Quali sono le sue aspettative per  il futuro? È ottimista?

Sono ottimista per natura. Nella mia vita ho osservato con partecipazione diretta sette emergenze sanitarie: dall’Aids alla Sars, dalla aviaria alla suina, all’Ebola. Ho una certa esperienza nel vedere gli aspetti migliorativi della sanità. Dai tempi della Sars la scienza ha fatto enormi passi avanti. Per isolare questo coronavirus ci è voluto tempo, un mese circa: tra dicembre e i primi dieci giorni di gennaio la Cina ha consegnato il virus alla comunità scientifica e averlo ci ha permesso di eseguire i tamponi. Ma questa non è la premessa per avere un vaccino in breve tempo.

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