In questa sconvolgente pandemia di Coronavirus, pare che ci si sia dimenticati dei ragazzi disabili. Questo, perlomeno, è il grido d’allarme lanciato sulle colonne dell’edizione odierna del quotidiano “La Repubblica” da parte di Sonia Moretti, fondatrice dell’associazione “Occhi per comunicare” e mamma di una figlia di 19 anni e di un figlio di 14. La ragazza si chiama Claudia ed è affetta da una sindrome rara, la sindrome di Angelman, che solitamente colpisce un bambino su 15mila. Come spiegato dalla madre della giovane, i ragazzi con questa patologia presentano un grave ritardo cognitivo, raggiungono i 3 anni di età mentale, non parlano, hanno problemi epilettici e del sonno e problemi di ipotonia muscolare. Sono ragazzi che dipenderanno per sempre da una persona, sono bambini di 2 anni imprigionati nel corpo di un adulto. Inutile sottolineare come, con l’avvento del Covid-19, la vita di Claudia e della sua famiglia sia radicalmente mutata, con non poche difficoltà per i suoi genitori, separati, per garantirle l’assistenza di cui necessita malgrado i rispettivi impegni lavorativi.



CORONAVIRUS, DISABILI DIMENTICATI: “GLI ASSISTENTI HANNO PAURA”

Per rendere la sua vita simile, per quanto possibile, a quella di tutti gli altri ragazzi, Claudia frequenta la seconda classe di un istituto superiore, non certo per seguire il programma: recarsi in classe insieme agli altri la fa sentire meno sola, le permette di disporre di una propria routine quotidiana e garantisce ai suoi genitori la possibilità di lavorare con serenità. Eppure, nell’ultimo periodo, a parte il supporto di alcuni assistenti domiciliari, non abbiamo nessuno che ci dia una mano, in quanto i nostri genitori sono anziani e malati – ha spiegato Sonia –. Mia figlia dal 5 marzo ha smesso di avere la sua vita. Come faccio a spiegarle che deve stare a casa? A fare cosa? Claudia dipende completamente da un adulto, quindi tutto grava su noi genitori”. Inoltre, l’operato dell’assistente domiciliare è pericoloso per chi lo fa a contatto con Claudia, in quanto lei non usa le mascherine e si mette continuamente le mani in bocca: “Chi la segue ha paura e non tutti sono disposti a lavorare con lei”.



CORONAVIRUS, DISABILI DIMENTICATI: “SERVONO POSTI NEI CENTRI DIURNI”

La denuncia di Sonia su “La Repubblica” è proseguita poi con un’osservazione: “Ho sentito che esiste un’associazione che si occupa di portare a spasso i cani delle persone malate o impossibilitate ad uscire e mi sono chiesta: chi porta a spasso mia figlia? Nessuno. I disabili in questa pandemia non sono stati considerati, non sono 12 giorni di 104 che cambiano la vita a un genitore”. Uno sfogo motivato dai fatti: Claudia non esce dal 5 marzo, non ci sono certezze sulla riapertura a settembre delle scuole e, in caso slittasse ulteriormente, come faranno i suoi genitori a starle accanto senza rimanere disoccupati? “L’abbiamo iscritta presso alcuni centri diurni, ma non c’è speranza: i posti sono pochissimi e si liberano solo se qualche utente si trasferisce di residenza o muore”. La richiesta finale è dunque presto confezionata: “Serve aumentare i posti nei centri diurni. Servono operatori che giornalmente, in questo periodo di pandemia, vengano a casa e stiano qualche ora con i nostri figli. Il fatto che la disabilità, certe disabilità in particolare, siano una minoranza, non vuol dire che non se ne debba parlare. Abbiamo bisogno di aiuto. Noi genitori non ce la facciamo più”.

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