Uno degli aspetti finora meno considerati di questa pandemia di Coronavirus è indubbiamente rappresentato dai disturbi mentali che questo periodo potrebbe provocare nei medici e negli infermieri. Un aspetto di assoluta importanza, trattato approfonditamente dalla dottoressa Grazia Attili, psicologa evoluzionista e professore ordinario di Psicologia Sociale presso l’università “La Sapienza” di Roma, nel suo manoscritto in pubblicazione e dal titolo “Sistemi motivazionali e salute mentale di medici e infermieri nell’emergenza Coronavirus: una prospettiva evoluzionistica”. Il portale “Sanità Informazione” ne riporta un estratto, al cui interno la dottoressa Attili dichiara che “assistere alla sofferenza e alla morte dei pazienti e il rischio di contagio possano portare a disagi analoghi a quelli di chi assiste a eventi catastrofici o si sia confrontato con il rischio di morire, codificabili come Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD)”. Non solo: “Da uno studio condotto in Cina tra il 7 e il 14 febbraio sul personale sanitario a contatto con pazienti Covid-19 appare che il 23% dei medici riporta sintomi di ansia di forte intensità e che nel 27 % del personale sanitario sono riscontrabili insonnia, agitazione, ipervigilanza, incubi notturni, immagini negative ricorrenti, ansia, depressione, senso di confusione, insonnia, irritabilità”.



CORONAVIRUS, DISTURBI MENTALI IN MEDICI E INFERMIERI: PERCHÉ?

In quanto umani, medici e infermieri non possono essere immuni al trauma visivo generato dalle morti a cui assistono nei loro turni quotidiani, né possono fare a meno di avere paura di ciò che potrebbe accadere a loro e ai loro cari. La dottoressa Attili, a tal proposito, sottolinea che le esperienze dei medici e degli infermieri con pazienti Covid-19 alterano il funzionamento proprio dei sistemi motivazionali e fanno scattare motivazioni tra loro incompatibili. “Con i pazienti affetti da Coronavirus questo meccanismo rimane come inceppato, così che l’organismo non raggiunge mai uno stato di rilassatezza: i comportamenti di cura vengono messi in atto senza soluzione di continuità, perché molti malati non guariscono, altri ne arrivano in continuazione; e molti muoiono. I medici, pertanto, si devono anche confrontare con un senso di fallimento per non raggiungere lo scopo previsto da quel sistema”. Insomma, una situazione tutt’altro che agevole, che va a sommarsi alla pressione psicologica vissuta quotidianamente in corsia.

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