Cosa sappiamo veramente di quello che sta succedendo in Cina? Le informazioni sul coronavirus che ci arrivano in occidente corrispondono alla verità? Quanto è drammatica la situazione e perché un paese come la Russia, il primo al mondo a fare un gesto del genere, ha chiuso il confine con la Cina? Ne abbiamo parlato con Francesco Sisci, sinologo e giornalista, a lungo residente in Cina come corrispondente de La Stampa e de Il Sole 24 Ore. “Ci sono due ordini di problemi – dice Sisci al Sussidiario –. Uno ha a che fare con il virus di per sé. Ha un’incubazione lunga, non è letale come la Sars (l’epidemia che colpì la Cina nel 2003) m si diffonde più rapidamente della Sars. Quindi la situazione è oggettivamente difficile da monitorare. Gente con un semplice raffreddore che prima avrebbe preso l’aspirina, oggi naturalmente, e giustamente, va in ospedale, dove le strutture sono già sotto pressione, e si aggiunge caos al caos. In queste condizioni obiettivamente tutto è molto più difficile. Inoltre c’è l’altro problema che il mondo e i cinesi stessi non si fidano del governo cinese, per via di una storia decennale di informazioni parziali, coperte. I due elementi sono in contatto e si moltiplicano in un rapporto da circolo vizioso”.



Quanto le autorità cinesi stanno tenendo sotto controllo la situazione? Il governatore della provincia più colpita ha dichiarato che c’è una grave carenza di forniture mediche.

I problemi sono di due tipi, il primo dei quali è oggettivo. Vista la latenza del contagio – dieci, quindici giorni – e la velocità con cui il coronavirus riesce a diffondersi, e che per la maggior parte dei casi il contagio non è mortale, e ha una incidenza inferiore alla Sars, la situazione è confusa.



In che senso?

Nel senso che uno si prende un raffreddore e pensa sia il virus. D’altro canto in questa situazione che cosa puoi fare, ti trascuri o vai a farti controllare? Vai in ospedale, ovviamente. È per questo che è una situazione oggettiva di difficoltà. C’è senz’altro un intasamento delle strutture mediche. Parliamo di decine di milioni di persone.

L’altro problema?

Il secondo è di tipo strutturale. Il mondo non si fida dei cinesi e i cinesi stessi non si fidano di quello che dice il governo. Il non dire mai tutta la verità, o non dirla per nulla, è una storia decennale da parte del regime di Pechino. Se questi due elementi, la storia passata e l’oggettività presente, si sommano, diventa tutto preoccupante.



Ieri la Russia ha chiuso il confine con la Cina. È una misura estrema?

Come si fa a dirlo? Anche la Russia ha una lunga storia di mancanza di trasparenza totale. Certo, oggettivamente, una scelta di questo genere in questo momento è un voto anche politico contro la Cina, che sia giustificato o meno dalla situazione in Cina.

Cosa intende esattamente?

In un momento delicato per la Cina, la Russia che blocca 2.700 chilometri di confine prende una posizione contro la Cina molto significativa. Non sappiamo il perché, però oggettivamente può essere di tipo politico. In un momento critico per la Cina, Mosca ha fatto un passo contro la Cina. L’altro motivo è che la Russia è il primo paese al mondo a fare un gesto del genere e ci saranno sicuramente conseguenze. Altri paesi potrebbero imitarlo o anche la Cina potrebbe prendere delle contromisure.

Una cosa però che la Cina non nasconde è la crisi economica che la sta travolgendo a causa del virus: ce lo conferma?

Certamente. Per mettere sotto controllo il virus, giustamente Pechino sta prendendo delle misure drastiche, ma così si sta fermando l’economia, la gente non va a lavorare. Poiché la Cina è la prima potenza commerciale al mondo e la seconda economica, si sta mettendo sotto stress tutta l’economia mondiale con una caduta progressiva delle borse che durerà probabilmente anche settimana prossima.

Questo cosa comporta?

Un secondo elemento ancor più significativo. Tanti paesi stranieri e aziende americane che producevano in Cina, visto che si sta bloccando tutto, devono trasferire le produzioni in altri paesi. Non è la prima pandemia che scoppia in Cina, è già la seconda, e il clima intorno alla Cina, diversamente dal 2003, non è positivo vista la guerra commerciale in corso con gli Usa. Quindi è probabile che queste aziende non torneranno più in Cina. Questa epidemia allora sta accelerando il distacco tra economia cinese ed economia mondiale, che si vuole in alcuni settori degli Usa, e questo può avere conseguenze molto importanti.

Mike Pompeo ha dichiarato proprio in queste ore drammatiche che la Cina resta il pericolo mondiale numero uno per quanto riguarda il 5G: era il caso di dirlo? Ai tempi della Sars la Cina era “buona”, oggi è cattiva, come mai questo?

Ai tempi della Sars la situazione era diversa. La Cina non era la potenza economica che è oggi, l’impatto era più limitato, e all’epoca, dopo la fine dell’emergenza, fu più facile per l’economia cinese recuperare, visto che non c’era l’ostilità commerciale che c’è oggi intorno al Paese. Superata questa emergenza potrebbe essere più difficile rilanciare l’economia cinese e questo potrebbe avere conseguenze globali.

Come potrebbe reagire chi governa il paese?

La Cina dovrebbe cogliere questa occasione in positivo per pensare e attuare cambiamenti strutturali profondi di cui il paese ha bisogno. Ma non dobbiamo dimenticare la tragedia umanitaria che si sta profilando. Cominciano a mancare maschere, tute protettive. è anche nel nostro interesse sperare che la Cina domini l’epidemia e impedisca che si diffonda nel mondo.

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