L’11 marzo scorso il MIX ha annunciato di avere superato 1.1 Terabits al secondo di traffico, questo dopo che il 25 febbraio aveva festeggiato il record di 632 Gigabits al secondo. Tra questi due date cosa è accaduto? Semplicemente, il coronavirus. Ma facciamo un passo indietro e diamo qualche spiegazione. In primo luogo, qualcuno si starà domandando cosa si il MIX. Il Milan Internet eXchange è banalmente, si fa per dire e semplificare, il “cuore fisico” attraverso cui il nostro Paese è connesso al resto del mondo.  Ebbene in via Caldera 21, a pochi passi dallo stadio di San Siro, si trovano tutti i nodi degli operatori di telecomunicazioni e Internet nazionali. Diciamo che se il MIX festeggia il raddoppio del traffico possiamo essere tutti soddisfatti perché significa che l’infrastruttura regge e di questi tempi è fondamentale. Questo numero rende l’idea di cos’è accaduto e va ben oltre il raddoppio di traffico che l’altro giorno dichiaravano tutti gli operatori di telecomunicazioni da Fastweb a TIM.



Se questa è una buona notizia è altrettanto vero che molti utenti hanno sofferto perché gli operatori hanno subito il bilanciamento che gli operatori hanno dovuto effettuare per consentire a tutti di accedere, quindi il Gigabit o i 100 megabit promessi commercialmente sono stati radicalmente ridotti. Tuttavia questa crisi pone una questione essenziale per il futuro del nostro Paese. Se lo smart working e lo smart learning scolastico stanno per diventare una realtà (non passeranno insieme al coronavirus, questo e pressoché certo), allora dovremo disporre di un’infrastruttura di rete in grado di assorbire carichi ben superiori a quelli attuali (per esempio, non tutte le scuole svolgono attualmente lezioni da remoto).



Considerando che in un futuro molto prossimo il sistema economico nazionale avrà la necessità di un piano di grandi opere paragonabile a quello dell’ultimo dopoguerra, potrebbe essere un’idea quella di prevedere un radicale e diffuso rinnovamento dell’infrastruttura fisica che garantisca la connettività. Si potrà scegliere tra l’allargamento della fibra oppure ricorrendo in modo massiccio al 5G. Personalmente preferirei la prima di certo più onerosa, ma anche più controllabile, mentre la seconda si presenta come la via più facile, ma meno autoctona. Molto dipenderà dalla situazione politica in cui saremo in quel momento e la sensibilità cinese mostrata in questi giorni nei nostri confronti non potrà essere dimenticata.



In ogni caso scegliendo la via della vera digitalizzazione del Paese (fino a oggi abbiamo scherzato, tanto che il coronavirus ha fatto in 15 giorni quello che i nostri governi non sono riusciti a realizzare in 15 anni) non potremo permetterci di trascurare la sicurezza di questi sistemi sia essa fisica o cibernetica, centrale o periferica. Non tenere in debita considerazione questo significa esporsi a una nuova epidemia in cui il virus non sarà biologico, ma informatico, e la tragedia a cui andremmo incontro potrebbe non essere tanto diversa da quella che stiamo vivendo oggi.